SENZA PARTITI LA POLITICA È UNA FACCENDA DA RICCHI
Lettere Lucane
Durante la Prima Repubblica, grazie ai partiti di massa, chiunque poteva crescere politicamente, anche chi proveniva da classi sociali umili. Bastava avere passione, competenza e dedizione per essere notati dai segretari cittadini e dai funzionari di partito, che lentamente, senza regalare nulla, facevano crescere le nuove leve della politica. Poi, a partire dagli anni ’90, il leaderismo, il tramonto dell’impegno politico di massa e la politica ridotta a comunicazione hanno totalmente stravolto il metodo di selezione delle classi dirigenti.
Oggi per fare politica bisogna essere anzitutto cooptati, e poi bravi a farsi notare nel grande Circo Barnum della comunicazione. Ma con la discesa in campo di Silvio Berlusconi è avvenuto anche un altro cambiamento, ovvero il fatto che solitamente chi fa politica dispone anche di ricchezze di una certa consistenza, perché fare politica senza “una lira” è molto difficile. Prendiamo la Basilicata. Un tempo i politici, prima di approdare alla Regione o in Parlamento, dovevano fare i consiglieri comunali e poi provinciali.
Oggi invece le cariche più importanti sono in larga misura riservate ai cooptati, oppure a coloro che dispongono di molta ricchezza personale. Penso a quanti uomini ricchi fanno politica in Basilicata. Faccio alcuni nomi: Giuzio, Benedetto, Cupparo, Piro, Cicala. Credo che quest’anomalia sia determinata dallo smantellamento sul territorio delle sezioni di partito, e dal fatto che un’opinione pubblica che segue poco il dibattito politico tende a dare il proprio consenso a chi opera quotidianamente sul territorio, magari dando risposte concrete sul tema del lavoro, tra i più urgenti della nostra terra. Ma è un’anomalia democratica, e come tale va trattata.
diconsoli@lecronache.info