QUANDO GIOVANNINO RUSSO MI FECE PARLARE CON ROCCO MAZZARONE
Lettere Lucane
A Roma, nei primi anni del Duemila, a casa di Giovannino Russo – maestro del reportage meridionalistico, e autore di un capolavoro intitolato “Baroni e contadini” – un giorno il discorso finì su Rocco Mazzarone (1912-2005), medico e saggista tricaricese, del quale avevo letto frettolosamente notizie sulla sua amicizia con Rocco Scotellaro e qualche studio sulla situazione sanitaria in Basilicata nel dopoguerra. Giovannino fu molto severo, con me, e mi ammonì: “Non si capisce niente del meridionalismo lucano e dello stesso Scotellaro se non si è consapevoli che Rocco Mazzarone è stato il vero punto di riferimento di tutta quella straordinaria stagione riformatrice”. Avevo poco più di vent’anni, e a me tremavano i polsi, quando parlavo con questi maestri del meridionalismo. Di colpo Giovannino prese il telefono, compose un numero e mise il vivavoce.
Aveva deciso di farmi parlare con Rocco Mazzarone, del quale sapevo anche che era cieco, tanto che più volte, in seguito, mi è capitato di pensare a lui come a una sorta di Omero della nostra terra. Mazzarone rispose. La sua voce era dolce, profonda, stanca. Giovannino gli disse che ero un giovane studente di lettere, e che scrivevo i primi articoli sul Sud e sulla letteratura meridionale. Mazzarone fu molto paterno con me, e mi parlò con molta serietà. Di quella conversazione telefonica ricordo soprattutto un’esortazione: “Mi raccomando, studia sempre i processi concreti della Basilicata, la situazione sanitaria, le infrastrutture, le politiche urbanistiche, i dati numerici. Non perderti mai in un meridionalismo astratto”.
Io quella telefonata con Mazzarone non l’ho mai più dimenticata. Sono stato fortunato, lo ammetto. Infatti quando mi sento smarrito chiudo gli occhi e riascolto le parole dei maestri lucani che, anche da morti, mi parlano dentro.
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