UNITÀ COVID PER MAPPARE OPERATORI TURISTICI
Il Dg dell’Asp di Potenza traccia il futuro dell’emergenza sanitaria e fa un bilancio delle attività svolte
La Basilicata si sta attestando la regione con il minor numero di contagi da Covid-19, nonché prima regione italiana che può definirsi libera dal Coronavirus, essendo passati 28 giorni senza nuovi casi “interni”. Tanto il tempo necessario secondo l’OMS, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, per dichiarare conclusa una pandemia.
Si può dunque trarre un primo bilancio sull’attività svolta dall’Asp durante il periodo di emergenza epidemiologica da coronavirus.
L’abbiamo chiesto al dottor Lorenzo Bochicchio, direttore generale dell’Asp di Basilicata, partendo da una data, ovvero quella del 7 aprile, giorno in cui l’ente istituiva per la provincia di Potenza sei postazioni Usco, Unità Speciali Covid-19.
Dott. Bochicchio oggi la nostra regione pare, al netto dell’emergenza sanitaria ancora in corso, essere tornata ad una condizione di normalità. Se dovesse guardare indietro come può riassumere questi ultimi 5 mesi?
Sono stati mesi di lavoro intenso da parte di tutte le componenti dell’azienda sanitaria. L’Asp ha risposto in maniera puntuale alla richiesta di gestione dell’epidemia, l’abbiamo fatto principalmente istituendole Usco, che hanno lavorato su due fronti: svolgendo attività di sorveglianza sanitaria a beneficio dei cittadini in isolamento domiciliare, con triage telefonici e visite a domicilio; effettuando, al contempo, tamponi nasofaringei in maniera diffusa e tempestiva.
A questa attività di sorveglianza sanitaria è stata poi aggiunta un’altra dal valore squisitamente preventivo ed epidemiologico, ovvero una mappatura in misura estesa di tutte le situazioni di fragilità, penso, ad esempio, alle case di riposo, alle Rsa, ed alle case alloggio.
Inoltre abbiamo effettuato per primi, e probabilmente unici in Italia, attività di screening con la somministrazione di tamponi nasofaringei alle forze dell’ordine avviando altresì, nuovamente per primi in Italia, attività di mappatura del territorio attraverso la combinazione tra tamponi e test sierologici. Attività svolta su ampi campioni di popolazione appartenente a medesime comunità e nelle cosiddette “zone rosse”.
In sintesi un bilancio assolutamente positivo.
L’avvento di una malattia sconosciuta ha colto interi stati impreparati, dunque di errori ne sono stati commessi a tutti i livelli. Cosa si sarebbe potuto evitare in Basilicata?
Secondo me la Basilicata ha motivo di assurgere a modello e paradigma a livello nazionale, ed i numeri danno ragione della bontà delle operazioni che sono state effettuate. Non possiamo al contempo disconoscere che abbiamo dovuto fronteggiare una fase inziale di fisiologica difficoltà, dovuta in parte anche alla inziale complessità, efficientemente superata, di reperire tamponi e di dispositivi di sicurezza che nelle prime due settimane hanno circoscritto l’attività di sorveglianza sanitaria. Sarebbe probabilmente stato necessario, nell’imminenza dell’arrivo del virus, un più stretto raccordo tra le istituzioni a livello locale ed a livello nazionale, quantomeno nel frangente di diffusione inziale del contagio.
Parlavamo delle Usco, oggi, che si attestano solo 5 casi di contagio, è necessario che le stesse continuino ad essere operative? O si pensa ad un ridimensionamento o ad una ricollocazione dei 55 medici e 3 infermieri che per due turni giornalieri si dedicavano all’emergenza?
Il livello di guardia non può essere abbassato, quindi le Unità speciali continueranno ad operare perché vi sono variabili che al momento non sono né note, né tantomeno governabili. Mi riferisco all’avvento della stagione turistica che porterà cittadini provenienti da fuori regione e sui quali dovremo effettuare un’opera di mappatura molto attenta proprio attraverso le Usco. Dunque non vi è nessun motivo, in questa fase, di smobilitarle. Certo è che proprio perché hanno funzionato in maniera virtuosa potranno essere riconvertite, superata la fase pandemica, in strutture di potenziamento dell’attività di assistenza domiciliare sul territorio. Vi è dunque una prospettiva di rimodulazione delle stesse che potrà però verificarsi se, e nella misura in cui, l’emergenza di diffusione del Covid sarà completamente superata.
Parlava della venuta della stagione estiva, e del presumibile arrivo in Basilicata di turisti provenienti da fuori regione che potrebbero provocare nuovi contagi. Cosa avete programmato sul punto?
Il rischio esiste, abbiamo condiviso con il Dipartimento Salute della Regione un progetto di monitoraggio sanitario sulle zone a maggior impatto turistico della Basilicata. Per quel che ci compete stiamo lavorando sul parco nazionale del Pollino e su Maratea. Abbiamo già attuato in azienda un progetto che troverà attuazione dalla prossima settimana di istituire unità speciali Covid a Maratea e presso il presidio ospedaliero di Chiaromonte, a servizio dei Comuni che insistono sul parco nazionale del Pollino. Unitamente a tutto questo abbiamo condiviso con la Regione la scelta di sottoporre a tampone nasofaringeo tutti gli operatori turistici che entreranno in contatto con cittadini provenienti da fuori regione come, ad esempio, i gestori degli stabilimenti balneari. Tutto questo perché questi cittadini, per il tipo di lavoro che svolgono, potrebbero consentirci di intercettare, seppure in via mediata, l’eventuale presenza del virus in Basilicata. Si tratta di tamponi che verranno sottoposti in maniera periodica e sistematica, in accordo con le amministrazioni locali e le associazioni di categoria. Il tutto ci permetterà di verificare con la dovuta attenzione le eventuali evoluzione o involuzioni della pandemia in regione.
Dall’OMS avvertono che in autunno potrebbe riverificarsi una nuova ondata di contagi. Come vi state preparando a questa ipotesi? Crede che i test sierologici fatti possano essere la soluzione per contenere eventuali nuovi casi?
I test sierologici sono importanti perché, tra le altre cose, consentono di definire il grado di immunizzazione della popolazione. Servono dunque per capire quanto il virus abbia circolato in Basilicata. La scelta di sottoporre in maniera diffusa la popolazione a tamponi e test sierologici si è dimostrata di assoluto successo in quanto ci ha consentito di intercettare subito casi di positività asintomatica e di costruire intorno ad essi un cordone di protezione sanitaria. Se la Basilicata presenta il rapporto migliore tra tamponi effettuati e casi di positività rilevati è indicativo del fatto che le attività di screening son state svolte in maniera accorta. Questa esperienza risulterà preziosa qualora dovessero ripresentarsi nuovi focolai o dovesse verificarsi una nuova ondata di contagi.