PERCHÉ DIECI ANNI FA STRONCAI IL FILM DI PAPALEO
Lettere lucane
Dieci anni fa uscì un film molto fortunato, “Basilicata coast to coast”. Quando “Il Riformista” mi chiese di recensirlo, andai con grandi aspettative al cinema. Ma, al termine della visione, rimasi molto deluso. Tanto che, arrivando a casa, scrissi di getto una recensione durissima, che so aver ferito il grande attore lucano.
La cosa per me imbarazzante è che successivamente, in un paio di occasioni, Papaleo ha espresso ammirazioni per alcuni miei libri, e questa cosa mi ha sempre dato tormento, perché io quella recensione non la scrissi per disistima nei suoi confronti ma, al contrario, per un eccesso di aspettative, perché sono ancora convinto, come lo ero all’epoca, che la maschera di Papaleo non si sia ancora incarnata in un film all’altezza del suo talento magistrale. Ricordo ancora quando da ragazzo mia madre mi disse che quell’attore un po’ stralunato della serie televisiva “Classe di ferro” era di Lauria.
Sin da allora io intravidi nell’anima di quell’attore un po’ buffo una vocazione drammatica, finanche tragica. Non dico che non fosse evidente il talento comico, ma io il suo lato comico lo vidi immediatamente come un aspetto che marcava la sua drammatica malinconia. Da un punto di vista cinematografico nessuno ha mai raccontato il lato feroce, disperato e sperduto della nostra terra. E personalmente rimango dell’avviso che l’unico che possa davvero farlo sia Rocco Papaleo, che evidentemente non ha mai creduto al suo dolore. Sicuramente “Basilicata coast to coast” è stato un regalo enorme alla Basilicata, tanto che ci sono ancora persone che vengono da noi per ripercorrere a piedi lo stesso tragitto degli attori del film.
Ma nessuno mi toglie dalla testa che l’anima attoriale di Papaleo sia ancora inespressa. Mentre tutti applaudono il comico, io continuo a sentire l’anima tragica di questo grande attore.
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