Architetto Alfredo Balasco : sulla triste vicenda del complesso settecentesco di Giugliano (NA)
Occorre che si arrivi al più presto ad una legge nazionale volta non solo a vincolare interamente i centri storici, ma che dia indicazioni sulla catalogazione, sul recupero, il restauro e le strategie economiche da adottare per iniziare una vera e concreta attività di interventi diffusi sul patrimonio edilizio storico
A Giugliano in Campania demolito villaggio del ‘700 per costruire villette
Stanno facendo il giro del web le foto dell’abbattimento di Villaggio Zaccaria a Giugliano in Campania, un feudo baronale risalente al Settecento, ma in realtà frutto della ristrutturazione di un complesso medievale a sua volta edificato sui resti di una villa romana.
Il villaggio è stato distrutto per far posto a un complesso residenziale composto da 48 villette, da supermercati e da piscine. Il parco residenziale è stato chiamato “Borgo Zaccaria”, è stato progettato da Open Project srl e nel sito web dell’azienda è presentato come “recupero abitativo di volumi fatiscenti grazie all’applicazione del piano casa legge regionale 19/09 con la demolizione di volumi esistenti e la realizzazione di nuovi edifici moderni e l’ampliamento del 35% del volume preesistente”.
Il complesso, nel Settecento, fu dotato di una chiesa, dedicata a San Francesco, con decorazioni a stucco tardobarocche (anche in questo caso sull’impianto di un precedente edificio risalente probabilmente al Cinquecento), e constava di una corte attorno alla quale erano disposte alcune case e altri edifici. La demolizione è stata autorizzata dall’amministrazione comunale di Giugliano in Campania, e ci si domanda pertanto se il complesso non poteva essere recuperato. Niente di illegale, tutto perfettamente legittimo: ci si domanda però quanto l’intervento sia stato opportuno.
“Si trattava”, ha spiegato su Facebook Fely Di Girolamo, architetto che lo scorso anno ha discusso la sua tesi proprio sul Villaggio Zaccaria, “di una vera e propria sperimentazione sociale, come quella che ad esempio oggi conosciamo come la Real Colonia di San Leucio/Ferdinandopoli. Per non parlare della Chiesa di San Francesco. La cupola retta da quattro pilastri affrescata con scene sacre, gli stucchi e i decori. Una bellezza architettonica. Quel borgo stava lì dal XVII secolo. Quel borgo raccontava qualcosa del popolo giuglianese, di noi. Il borgo di San Zaccaria è stato oggetto della mia tesi magistrale in Architettura, ho lavorato insieme ad altre persone per circa un anno alla realizzazione di una ricerca storica incentrata su quella ‘masseria” che in realtà è stata tutt’altro che una masseria. Quel borgo da ieri non c’è più perché stiamo distruggendo tutto, perché sono infinite le cose da valorizzare che abbiamo ma non facciamo nulla”.
A dare risalto nazionale alla demolizione di Villaggio Zaccaria è stata la senatrice pentastellata Margherita Corrado, che ha rilanciato il post di Claudia Procentese, giornalista locale, condiviso centinaia di volte, nel quale si constata amaramente che “Giuliano è conosciuta come terra dei fuochi”, ma “potrebbe essere conosciuta per altro”.
Nella foto di Claudia Procentese, un edificio del villaggio prima e dopo la demolizione.
ESCLUSIVA PER CRONACHE LUCANE
Architetto Alfredo Balasco : sulla triste vicenda del complesso settecentesco di Giugliano distrutto per favorire l’edificazione di villette, occorre fare alcune considerazioni di natura generale tese ad analizzare la grave situazione, in campo nazionale, dell’abbandono sempre più crescente dell’edilizia storica.
“Occorre premettere che in questo momento i beni culturali in Italia non godono di un buon momento, per la visione mercificata che si ha di essi da parte dello stesso Ministero, che tende a privilegiare i grandi attrattori con una netta prevalenza verso una valorizzazione del tutto appariscente, vedi il caso Pompei, a discapito della tutela, pilastro fondamentale sia per la conoscenza sia per la salvaguardia del nostro patrimonio culturale.
La scomparsa degli uffici periferici delle Soprintendenza archeologiche, il loro accorpamento alle Soprintendenze uniche hanno determinato una notevole diminuzione dell’attività di controllo sul territorio con la conseguenza dell’aumento di abusi edilizi, degli scavi clandestini e di distruzione del patrimonio culturale.
Il caso di Giugliano occorre inquadrarlo in parte in questo contesto, ma principalmente nel gravissimo fenomeno dell’abbandono dell’edilizia storica oramai dilagante sia nei centri storici sia nelle aree rurali.
La stragrande maggioranza di questo patrimonio, pilastro fondamentale della nostra memoria storica, è ignoto alle stesse Soprintendenze e cosa più grave privo di qualsiasi vincolo di tutela, quindi soggetto a trasformazioni, abbattimenti che ne determinano la completa scomparsa, oppure la trasformazione radicale della loro essenza architettonica originaria.
L’abbandono provoca nel tempo gravi fenomeni di dissesto alle strutture murarie che uniti agli eventi distruttivi naturali, terremoti, forti temporali, ecc., determinano l’indebolimento statico degli edifici, che diventano oggetto di provvedimenti di abbattimento sulla scorta di ordinanze che evocano la pubblica incolumità.
In questo modo intere aree dei centri storici vengono sventrate e svuotate, aprendo, in questo modo, l’opportunità di interventi edilizi speculativi all’interno dei tessuti urbani antichi.
Questo fenomeno va necessariamente fermato e arginato se non si vuole perdere, nel giro di pochi anni, un patrimonio edilizio storico che è alla base dei caratteri identitari del nostro Paese, che lo rendono unico al mondo.
La bellezza non è figlia delle grandi emergenze monumentali, ma dei tessuti storici, del paesaggio, delle masserie rurali, dei luoghi ove si produceva, si soffriva e si gioiva.
Occorre che si arrivi al più presto ad una legge nazionale volta non solo a vincolare interamente i centri storici, ma che dia indicazioni sulla catalogazione, sul recupero, il restauro e le strategie economiche da adottare per iniziare una vera e concreta attività di interventi diffusi sul patrimonio edilizio storico.
Occorre aprire un serrato dibattito su questo argomento, coinvolgendo le associazioni culturali di portata nazionale e locale, le Università, gli enti di ricerca, per arrivare al più presto, la gravità della situazione non permette più di perdere tempo prezioso, a delle proposte concrete e fattibili.
Credo fermamente che il futuro del patrimonio culturale di questo Paese, dipenda da questa scommessa, da questo sogno, e un suo fallimento non potrà giustificarci nei confronti delle generazioni future.” Alfredo Balasco