LE PAROLE D’AMORE DELLA CIVILTÀ CONTADINA
Lettere lucane
Uno dei primi libri che lessi da ragazzo era intitolato “L’innamoramento in Basilicata”. Lo scrisse un antropologo lucano di nome Angelo Lucano Larotonda, che in seguito divenne mio amico – ancora oggi ci scambiano pareri e ricordi con affetto reciproco. Era un libro bellissimo, che raccontava i riti dell’innamoramento nella civiltà contadina. Ero nella fase in cui sognavo il primo amore, e quelle pagine mi commuovevano profondamente, anche se la società lucana nella quale stavo crescendo non era più quella contadina descritta nel libro.
La Basilicata ha una tradizione importante di antropologi, in parte anche segnati dal magistero di Ernesto De Martino, che nelle nostre contrade mise a fuoco i suoi studi sulla superstizione e sulla magia – oltre a Larotonda, voglio almeno citare l’immenso Giovanni Battista Bronzini, e i più giovani Ferdinando Mirizzi e Enzo Vinicio Alliegro. Considero gli studi antropologici fondamentali per capire un territorio o una civiltà, perché l’antropologia – scienza di confine – sintetizza letteratura e sociologia, economia e filosofia, psicologia e religione. Tornando a quel vecchio libretto sull’amore, pubblicato nel 1984 dalle edizioni Osanna di Venosa, il cui catalogo è uno dei più prestigiosi della storia editoriale lucana, ricordo che una sera mi capitò di dire a Larotonda – eravamo a Pisticci – che mi sarebbe piaciuto leggere un suo libro sulle parole dell’amore e del sesso nella civiltà contadina.
Oggi noi conosciamo bene il lessico che le coppie usano per esprimere l’amore e il piacere sessuale, ma i nostri contadini che parole usavano durante l’intimità sentimentale e sessuale? Qualcuno dice che si parlasse poco, un tempo. Non ne sono così certo. Credo, piuttosto, che quelle parole segrete siano semplicemente rimaste sepolte sotto cumuli di pudore e di vergogna. Chissà se Larotonda ha voglia di andarle a cercarle nel dimenticatoio.
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