LA LIBERTÀ DI LASCIARE E LA FOLLIA OMICIDA
Lettere lucane
Qualche giorno fa una guardia giurata di Vietri di Potenza, Gianfranco Trafficante, 48 anni, ha ucciso con tre colpi di pistola a Vinovo, in Piemonte – dove ormai viveva da anni – la sua compagna, Emanuela Urso, di 44 anni. Subito dopo averla uccisa, Trafficante si è sparato al cuore, morendo sul colpo. Da ciò che abbiamo appreso la compagna aveva deciso di porre termine alla loro storia e, dopo un violento litigio, la situazione è degenerata, fino al tragico epilogo. Commento raramente i fatti di cronaca nera, perché si rischia sempre di ergersi moralmente, e di giudicare, senza conoscerli, gli abissi della mente.
Tuttavia ho riflettuto molto su questa storia, e sono arrivato alla conclusione che gli omicidi-suicidi come il suo – che avvengono troppo di frequente, purtroppo – scaturiscono da un cortocircuito culturale e psicologico che riguarda tutti, anche chi si sente al riparo da queste cadute rovinose. Due persone che si amano sono spesso legate da pulsioni profonde, e da sentimenti ancestrali come il possesso, la gelosia, ecc. Voler ricondurre l’amore a una dinamica civile e razionale è assolutamente encomiabile, ma è un’evoluzione che a volte cozza violentemente con le pulsioni ancestrali che l’amore passionale può esasperare.
Essere abbandonati da chi si ama è un trauma che può scoperchiare paure profonde e irrazionali, fino al punto di condurre in un territorio sconosciuto che per comodità chiamiamo “follia”. Ripeto, potrei cavarmela come tutti e dire che era un malato incapace di amare. E invece Trafficante e la Urso sono solo le ennesime vittima di un cortocircuito culturale e psicologico tra la sacrosanta libertà di cambiare e lasciare, e la pulsione irrazionale a possedere e a essere posseduti in maniera totalizzante. Negare il lato oscuro dell’amore non aiuta a risolvere il problema, ma a rimuoverlo ulteriormente.
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