Il termine corretto usato dai metereologi è, appunto, nubifragio, poiché la tradizionale classificazione delle precipitazioni in base all’intensità è la seguente:
- meno di 1mm/hr → pioviggine;
- 1-2 mm/hr → pioggia debole;
- 2-6 mm/hr → pioggia moderata;
- 6-10 mm/hr → pioggia forte;
- 10-30 mm/hr → rovescio;
- oltre 30mm/hr → nubifragio.
Bomba d’acqua e intensità
Infatti per indicare il tipo di precipitazione si deve valutare l’intensità, non l’accumulo complessivo. Pertanto può essere più violenta una precipitazione di 10mm (se cadono in pochi minuti) rispetto a una di 100mm (se cadono nell’arco di 24 ore). Ecco perché non conta tanto l’accumulo complessivo, bensì l’intensità di una precipitazione.
Negli ultimi anni capita molto spesso che si verifichino precipitazioni molto più intense rispetto ai 30mm/hr. Ad esempio in Italia ogni mese si hanno rovesci di pioggia che superano i 100mm/hr, e ogni anno numerosi eventi con picchi di intensità superiori ai 500mm/hr, valori mostruosi rispetto a quelli della tradizionale classificazione, che sarebbe opportuno aggiornare.
Il termine bomba d’acqua può ritenersi indovinato per identificare le precipitazioni con intensità superiore ai 100mm/hr, ben più forti rispetto ad un semplice nubifragio. Ecco perché la parola bomba d’acqua è un azzeccatissimo neologismo che consente meglio di ogni altra parola di rendere l’idea di ciò che si sta verificando in un determinato luogo quando la pioggia raggiunge intensità impressionanti ed eccezionali, provocando gravi ripercussioni sul territorio.
Gli effetti della bomba d’acqua
L’espressione bomba d’acqua si riferisce agli ingenti danni che questo eccesso di pioggia può causare nelle aree che colpisce:
- allagamenti,
- straripamenti,
- danni a tubazioni,
- alberi sradicati e traffico bloccato.
Queste precipitazioni così intense hanno sempre un esito dannoso ed imprevedibile.
Una bomba d’acqua ha origine quando, per differenza di temperatura tra il suolo e il cielo, si formano nuvole cariche di acqua. L’aria calda proveniente dal mare risale fino ad incontrare correnti più fredde che la fanno condensare e facilitano la formazione di nubi temporalesche. Nel periodo estivo, quando le acque marine sono più calde, e nei primi mesi d’autunno, quando la temperatura dell’aria inizia a calare, questi fenomeni sono più frequentipoiché la differenza tra masse d’aria, quella umida e calda proveniente dal mare e quella più fredda negli strati superiori dell’atmosfera, aumenta.
Lo studio dal Politecnico di Torino
Tali fenomeni sono, senza dubbio, in aumento negli ultimi anni a causa del riscaldamento globale e dei cambiamenti climatici. Dagli anni ’70 ad oggi la temperatura dei mari è salita di quasi un grado. Acqua più calda significa maggiore umidità, e maggiore differenza di temperatura tra l’aria che risale dal mare e quella incontrata in atmosfera. Le nubi si fanno più “gonfie” di pioggia ed è più facile che rovescino tutto il loro carico in una sola tornata.
A questo proposito è stato lanciato l’allarme da uno studio del Politecnico di Torino apparso nei mesi scorsi sul Geophysical Research Letters e scritto da tre esperti di idrologia del Dipartimento di Ingegneria per l’Ambiente, il Territorio e le Infrastrutture del Politecnico di Torino, in cui si afferma che le città italiane sono in ritardo nel predisporre piani di adattamento ai cambiamenti climatici e soprattutto alle cosiddette bombe d’acqua che stanno crescendo di numero e di intensità.
La ricerca evidenzia un incremento del rischio climatico. Elemento che emerge da una banca dati che unisce eventi storici e rilevamenti dalle reti di monitoraggio regionali.
L’indagine esamina in particolare i nubifragi estremi italiani, ormai comunemente e improvvidamente denominati bombe d’acqua e conclude che in alcune aree la loro intensità sta effettivamente aumentando.
Le piogge torrenziali di breve durata, tipicamente di qualche ora, mettono a dura prova i sistemi di drenaggio delle città e sono sempre più spesso causa di vittime, determinate dalla mancanza di preavviso, di conoscenze e di prudenza, soprattutto alla guida.
La gestione dell’emergenza
“Queste caratteristiche rendono ancora oggi molto arduo il compito della Protezione Civile di assicurare alla popolazione un sufficiente preavviso – spiega in particolare il Dott. Pierluigi Claps, docente di Idrologia e Protezione Civile del Politecnico di Torino – Questo rende a volte molto gravosa la responsabilità dei sindaci di indicare in tempi brevi le misure di emergenza da adottare.”
La ricerca del Politecnico di Torino rilevare come, su base statistica, in alcune aree d’Italia la frequenza e l’intensità delle bombe d’acqua mostra tendenze in crescita nel tempo. Questo a causa della maggiore capacità dell’atmosfera di immagazzinare vapore d’acqua, dovuta al riscaldamento globale. “L’Italia risulta un paese di per sé vulnerabile ad alluvioni e frane, ma la ricerca evidenzia che, indipendentemente dalla fragilità del territorio, è proprio il clima a mostrare un’intensificazione dei suoi fenomeni estremi nel Nord-Est, in Liguria ed in altre aree del centro e del sud del paese” spiegano gli esperti.