IN MOSTRA A TITO L’ARTE MISTERICA DI LORENZO OSTUNI
Lettere lucane
Ho scarsa dimestichezza con i miti, i simboli, gli esoterismi, i riti misterici e misteriosofici. A Pitagora, purtroppo, preferisco August Comte. Eppure mi sento attratto da chi esplora l’invisibile, e solo da poco ho scoperto che uno di questi è lucano, e si chiama Lorenzo Ostuni (1933-2013). Ostuni era di Ttito, ed è stato un filosofo, un artista, un simbologo, fondatore di una complessa disciplina pisco-filosofica chiamata Biodramma. In questi giorni a Tito, presso Palazzo Laurini – sede dell’omonima Fondazione – è possibile visitare una sua mostra di specchi incisi con complesse simbologie, che permettono al visitatore di entrare in contatto con la parte più profonda di sé. Di Ostuni – che era molto apprezzato da Federico Fellini – non sapevo nulla fino a quando non me ne ha parlato Giuseppina Anna Laurino, assessore alle attività produttive del comune di Tito. Per mesi mi ha mandato foto e materiali su di lui, e l’insistenza era così forte che ho sentito il dovere di approfondire la storia di quest’uomo, che ha dedicato la sua vita a esplorare simboli e pieghe nascoste dell’animo umano. Non ho gli strumenti per valutare il suo pensiero e la sua arte, ma devo dire che l’incisione di specchi con trapani a punta di diamante lo rende un pionere assoluto in questo genere d’arte. Eppure in Basilicata è pressoché sconosciuto. Forse perché la nostra arte e la nostra psicologia artistica è pesantemente segnata dal realismo e dalla sociologia, dall’impegno civile e dall’antropologia; o, molto più semplicemente, perché nella nostra storia la psicologia è servita più a emancipare le subalternità che non a esplorare i meandri più remoti del sé. Trovo comunque egregio il lavoro che la Laurino sta facendo a Tito, non soltanto per tenere vivo il ricordo di Ostuni, ma sopratutto per valorizzare archivi letterari che altrimenti rischierebbero la trascuratezza.
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