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DOV’È ANDATA A FINIRE LA RABBIA DEI LUCANI?

Lettere lucane

Circa dieci anni fa – e ammetto di non esserne stato immune – iniziò a dilagare in Basilicata un violento sentimento di avversione per la politica. Poi arrivarono i cosiddetti “grillini”, e quel sentimento trovò una forma, trovò una casa. Ma da un po’ di tempo qualcosa è cambiato, sopratutto da quando “il movimento” – questo è il M5S, non un partito – ha iniziato a esprimere piccoli leader e rappresentanti isituzionali, da un lato garantendo una maggiore trasparenza della politica, dall’altro instillando il dubbio che tanto sono tutti uguali, una volta arrivati nel Palazzo. Ho il sospetto, cioè, che quando l’antipolitica diventa politica – istituzione, governo, ecc. – il popolo si senta come ammutolito, perché non è che si possa fondare un partito anti-sistema ogni giorno. Ma ho anche il sospetto che quando un movimento anti-sistema diventa governo e istituzione induca a riflessioni più concrete e realistiche nel popolo, spezzando il circolo vizioso dell’utopia che si alimenta di rabbia, e raffreddando il sangue caldo dei giudizi sommari e della frustrazione. La cosa che mi colpisce molto è che la rabbia dei lucani è come scomparsa. E intendiamoci: nonostante io abbia un temperamento rabbioso – di cui molto mi rammarico – considero la rabbia senza ragionamento, analisi, realismo e mediazione assolutamente nefasta, perché non aiuta a risolvere i problemi, ma a esasperarli. Ma non posso credere che di colpo la rabbia sia svanita, in Basilicata. O meglio: mi fa molta impressione vedere come sia stata addomesticata, proprio dandole rappresentanza politica e istituzionale. Dieci anni fa una valanga travolse un’intera classe dirigente. Oggi noto un ripiegamento. Forse, una maturazione. Mi auguro solo che non sia rassegnazione, definitiva disaffezione alla politica, che può essere la più squallida ma anche la più nobile tra le attività umane.
diconsoli@lecronache.info

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