NELL’AGRICOLTURA MODERNA NON BASTA SUDARE

Qualche sera fa ho partecipato a un dibattito sull’agricoltura lucana. Al termine del confronto ho scambiato qualche riflessione con l’Assessore regionale all’agricoltura Francesco Fanelli, al quale ho detto che in un momento di passaggio come questo è fondamentale ripensare la formazione per chi opera nel comparto agricolo e agroalimentare. Com’è risaputo, questo comparto è tra i più “duri” del sistema produttivo, non soltanto perché richiede sacrifici immani, ma perché opera in un sistema fortemente globalizzato, dove la concorrenza – spesso sleale – è fortissima, e i margini di guadagno minimi. Io penso che alle competenze che i lucani hanno tramandato e difeso nei secoli bisogna adesso sommare qualcosa di nuovo, che per me ha a che fare con la formazione e con l’innovazione. L’agricoltura è lavoro di braccia e di sudore, ma io sono certo che a questo gravoso sforzo fisico bisogna ora aggiungere un livello più avanzato di studio e di conoscenza, perché la tecnologia, internet, la ricerca scientifica, l’economia, la finanza e il marketing permettono, a chi ne assimila le evoluzioni e le frontiere più avanzate, di ottimizzare le fatiche, di razionalizzare i costi, di muoversi meglio sui mercati e di diversificare le produzioni adeguandosi rapidamente ai cambiamenti della domanda, dell’offerta e dei bisogni dei consumatori. Diciamolo francamente: i nostri istituti agrari sono obsoleti, e non sono all’altezza dei tempi. Bisogna immaginare qualcosa di nuovo, magari mettendo a sistema agenzie come l’Alsia, istituzioni come la Regione e l’associazionismo di settore. L’agricoltura senza sudore muore, ma muore anche un’agricoltura che suda senza sapere, inconsapevole delle nuove frontiere tecnologiche e scientifiche dell’agricoltura e dell’agroalimentare. Chi darà dunque ai nostri agricoltori lucani, sopratutto giovani, una formazione di eccellenza in un momento cruciale come questo?
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