In ROMA a 96anni è MORTA ROSSANA ROSSANDA
«Cari compagni, costei scelse di far la rivoluzione invece che l’università, ma il risultato non si è visto, non riposi in pace»
È morta a 96 anni la giornalista Rossana Rossanda, coscienza critica della sinistra, fondatrice del quotidiano “il manifesto”
Dall’XI Congresso del partito (1966) la sinistra comunista uscì sconfitta ed emarginata, ma la parte più combattiva, di cui lei faceva parte assieme a Luigi Pintor, Aldo Natoli, Lucio Magri, Luciana Castellina, decise di non smobilitare, tanto più che poi arrivò il Sessantotto a confortarne le speranze.
Nel saggio L’anno degli studenti (De Donato, 1968) Rossana Rossanda sostenne che la contestazione giovanile poteva
«fungere da detonatore d’una più profonda esplosione sociale»
E intanto l’invasione della Cecoslovacchia, condannata con cautela dal Pci, rendeva insostenibile ai suoi occhi la prosecuzione di un seppure attenuato legame con Mosca.
Nel giugno 1969 Rossana Rossanda e gli altri del suo gruppo presero a pubblicare con notevole successo di vendite la rivista «il manifesto», la cui linea era chiaramente alternativa a quella ufficiale del Pci, che allora non tollerava correnti organizzate (dette spregiativamente «frazioni»)
I reprobi vennero radiati nel novembre dello stesso anno. Ma non si scoraggiarono, anzi nel 1971 trasformarono «il manifesto» in un quotidiano.
Pensavano che l’Italia andasse in una direzione rivoluzionaria e si sbagliavano di grosso, ma la longevità della loro iniziativa ne dimostra le formidabili capacità sul piano giornalistico.
Dalle colonne del «manifesto», su cui scriveva anche il suo nuovo compagno K.S. Karol (giornalista polacco naturalizzato francese, scomparso nel 2014), Rossana Rossanda si affermò come una voce eretica della sinistra marxista.
Fece scalpore nel 1978 con un articolo in cui riconobbe nel linguaggio dei rapitori di Aldo Moro il marchio dell’«album di famiglia» staliniano.
E più tardi curò, insieme a Carla Mosca, il libro intervista Brigate rosse (Anabasi, 1994; poi Mondadori) con il capo terrorista Mario Moretti.
Non aveva difficoltà a riconoscere la matrice di sinistra delle BR e fu sempre molto severa, da posizioni garantiste, verso chi appoggiava in modo acritico la magistratura inquirente.
Assai interessante anche la sua fitta interlocuzione con le femministe, di cui riconosceva le ragioni, pur continuando a ritenere che il problema decisivo nella nostra epoca fosse il superamento del capitalismo.
Ovviamente Rossana Rossanda aveva accolto in modo molto negativo la metamorfosi del Pci avviata da Achille Occhetto.
E del resto poi si era progressivamente distaccata anche dalla redazione del «manifesto», di cui era rimasta a lungo una figura di riferimento, una sorta di «sorella maggiore».
Ai suoi allievi rimproverava di aver disconosciuto la centralità del conflitto di classe: la rottura con il giornale si era consumata nel settembre 2012.
Rossana ROSSANDA aveva dichiarato nel 2013.
«Il comunismo ha sbagliato. Ma non era sbagliato»
era la sintesi del suo giudizio storico, corroborato da un’analisi pessimista tanto che già nel novembre 1976 aveva proposto ironicamente questa lapide per la sua tomba:
«Cari compagni, costei scelse di far la rivoluzione invece che l’università, ma il risultato non si è visto, non riposi in pace»
I COMMENTI A CALDO
Addio alla ragazza del secolo scorso che ci ha insegnato il valore del dissenso e del pensiero critico.
Ci lascia una grande eredità: che cultura e politica non possono essere mai disgiunti, che libertà individuale, giustizia sociale e uguaglianza avanzano insieme, e che per questi ideali vale la pena spendere una vita.
Nicola Zingaretti
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