2000-2010, IL DECENNIO DEL GIUSTIZIALISMO LUCANO
Lettere lucane
“L’affaire Postiglione” – una vicenda giudiziaria che i lucani conoscono bene – si è conclusa con la caduta del reato di associazione mafiosa e con la definitiva evaporazione di un’azione penale che “non doveva essere iniziata o non doveva essere proseguita”. Chi è più grande lo ricorda bene, quel maledetto decennio – che grosso modo va dal 2000 al 2010. In quel decennio la Basilicata ha vissuto in ritardo una specie di Tangentopoli, tanto da creare un clima orrendo e velenoso che ha fatto male a tanti innocenti, perché diciamoci la verità: quasi tutti coloro che in quegli anni finirono sotto inchiesta, in custodia cautelare o sputtanati da una filiera mediatica in stretta connessione con pezzi di magistratura e dei servizi segreti furono assolti o archiviati, nonostante l’accoppiamento tra sistema giudiziario e sistema mediatico fosse assai intenso, incestuoso. Fu una barbarie, e a finire sulla graticola furono politici, imprenditori, professionisti. Tuttavia fummo in pochi a gridare contro quella notte del garantismo, e chi lo fece – come il sottoscritto – fu vittima di illazioni e maldicenze di violenza inaudita. In quegli anni la Basilicata sembrava il paradiso dei mafiosi, dei corrotti e dei serial-killer. Leggevo le cronache di certa stampa – tutti i giornalisti giustizialisti erano collegati tra di loro – e non potevo credere a ciò che leggevo. Eppure la assoluzioni e le archiviazioni arrivano sempre in ritardo, spesso quando le carriere sono già distrutte o quando la violenza psicologica ha già fatto danni irreversibili. Perché io in quegli anni il dolore di chi è stato massacrato l’ho conosciuto, e da allora ho sempre sognato una magistratura serena e indipendente e un giornalismo non subalterno alle Procure – c’erano giornalisti che vivevano nelle Procure. Quell’incubo è terminato. O, almeno, non mi sembra abbia più la carica distruttiva di quel decennio.
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