CARLO ALIANELLO, UN GRANDE SCRITTORE DIMENTICATO

Sto rileggendo “L’eredità della priora” (1963), romanzo storico disperato e rabbioso scritto da Carlo Alianello (1901-1981), magnifico scrittore principalmente ricordato per aver dato avvio a una lettura revisionistica – filoborbonica e antipiemontese – del Risorgimento. Alianello è stato un grande scrittore “lucano” – nacque a Roma da genitori lucani: il padre era di Potenza, la madre di Tito – purtroppo emarginato in ragione della sua lettura controcorrente dell’unità d’Italia, che ha impedito di valutarne la grandezza letteraria al di là delle posizioni storico-ideologiche. Infatti la vita intellettuale di Alianello fu quasi interamente dedicata al riscatto dei “vinti” e alla denuncia delle violenze – paragonate a quelle delle SS – dell’esercito piemontese. A differenza di Alianello non sono mai stato un nostalgico del Regno delle Due Sicilie – un sistema retto dallo sfruttamento dei contadini, dal feudalesimo, dalla rendita parassitaria, ecc. – ma questo non mi ha mai impedito di apprezzare laicamente le meraviglie culturali ed economiche del Regno e di studiare con sentimenti di orrore le violenze dei piemontesi contro i “briganti”, parola con la quale venivano marchiati anche semplici oppositori del sistema “liberale”. Sono molto dispiaciuto del silenzio che avvolge l’opera di Alianello che, pur avendo “torto”, aveva ragione su tante cose, come dimostra “La conquista del Sud”, uno dei saggi più feroci e implacabili che abbia mai letto contro le menzogne sul Sud prima dell’unità d’Italia. Purtroppo gli antipiemontesi e filoborbonici di oggi rendono folcloristica qualsiasi lettura critica di quel passaggio storico – si pensi, tanto per fare un esempio, a certe mitologie dei briganti, impastate malamente di retorica e di ribellismo adolescenziale. Letture superficiali e populiste che contribuiscono all’oblio di un grande scrittore come Carlo Alianello.

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