I DIFFICILI RISVEGLI NEGLI ANNI DELLE SCUOLE MEDIE
Lettere lucane
Sono appena rientrato a casa dopo aver accompagnato mia figlia a scuola. Sembra un campo di battaglia: i resti della colazione sul tavolo, vestiti buttati a terra, libri e quaderni sparpagliati qua e là. È tutto in disordine, ma sento un grande calore, e ora i miei figli mi mancano. All’improvviso la memoria torna ai tempi delle scuole medie, ai freddi mattini d’inverno quando mia madre si disperava perché non volevo svegliarmi. La notte facevo tardi perché leggevo libri e guardavo i film di “Fuori orario”, e perciò quando la sveglia suonava – alle 6.45 – gli occhi non volevano saperne di aprirsi. Siccome in casa non c’era l’acqua calda, quando mi dovevo lavare i capelli metteva a bollire una pentola sui fornelli e poi con una ciotolina mi versava l’acqua sui capelli insaponati. Era bellissimo sentire quel calore sulla testa, e le sue dita nei capelli, anche se gli occhi mi bruciavano. A volte invece mi svegliavo pochi minuti prima che il pullman passasse, tanto che mia madre entrava nella stanza e mi urlava che lo aveva sentito suonare a Piano Incoronata – questo significava che in pochi minuti sarebbearrivato. A quel punto scendevo di corsa dal letto, e disperatamente provavo a lavarmi e a vestirmi per essere in orario, ma quasi mai ci riuscivo. Mia madre usciva per strada e implorava l’autista – quasi sempre Giuseppe Scarpelli, un sant’uomo – di aspettarmi. E lui pazientemente aspettava, costringendo gli altri ragazzi ad attendermi. Poi uscivo di corsa, con mia madre che si lamentava perché per l’ennesima volta era costretta a buttare il latte. Come sono passati in fretta gli anni. In un attimo mia madre sono diventato io: io che urlo, io che mi dispero, io che provo a svegliare i miei figli. E ora sento un doppio struggimento: per le mani di mia madre nei capelli, e per i miei figli che stanno diventano grandi.