HO CERCATO MIO NONNO NEI FILMATI DI GUERRA
Lettere lucane
Un amico regista ieri mi ha proiettato in anteprima in una saletta di montaggio dell’Istituto Luce un suo docufilm sulla guerra d’Albania – la storia in realtà è più complessa, ma non è di questo che ora voglio parlare. Ero molto stanco, ma a mano a mano che davanti a me scorrevano le immagini dei soldati italiani in Albania la stanchezza veniva sopraffatta da un sentimento di commozione che in un primo momento non sono riuscito a capire. L’ho capito solo a metà film, quando il docufilm ha mostrato i primi piani di decine di giovani soldati italiani accalcati davanti a uno spettacolo di varietà allestito per “tenere alto il morale della truppa”. Lì, a quel punto, ho sentito un morso allo stomaco. Ho stretto gli occhi per mettere meglio a fuoco quei volti – ormai non vedo più come una volta – e mi sono accorto che stavo cercando disperatamente il volto di mio nonno Angelo. Non so cosa avrei dato per vederlo in quei fotogrammi – chissà dov’era in quel momento, cosa faceva, cosa pensava, che voce aveva. Per anni ho ascoltato i suoi racconti sulla guerra d’Abissinia e sulla guerra d’Albania, ma non ne ho mai tratto sentimenti d’angoscia e d’orrore. Non so perché, ma aveva un modo epico di raccontare la guerra, tanto che quando mi parlava di quella sua esperienza mi sembrava di ascoltare un poema cavalleresco. Sorridevano tutti, quei soldati, ed erano felici di essere ripresi, e di poter guardare quattro sciantose che ballavano scosciate su un palco di fortuna. A un certo punto le immagini hanno mostrato i nostri soldati che camminavano nella neve. In quel momento mi è sembrato di averlo accanto a me, nonno Angelo, come non fossero passati trent’anni e più dai suoi racconti. Infatti mi diceva sempre che la vera guerra in Albania per lui è stata la neve, il gelo, il freddo. Di nuovo l’ho cercato in quei preziosi fotogrammi, ma di nuovo non l’ho visto. Era solo dentro di me.
