LA VERA CRISI È LA MORTE DI DIO
Lettere lucane
Ogni tanto mi capita di entrare in una chiesa. Entro, mi faccio il segno della croce e vado a sedermi su una panca. Non so se è un modo di pregare, ma in quei momenti sto in rassegnato ascolto della mia insufficienza, e umilmente esprimo la speranza che possa esserci qualcosa dopo questa vita. Non so se Dio esiste, ma so che se Dio non esiste nulla ha senso. O meglio: se Dio non esiste dare un senso alla vita diventa un’opera disperata. Quando ero ragazzo la presenza di Dio e del religioso era ancora molto forte. Ricordo che quando facevo la prima media qualcuno andò a riferire alla professoressa d’italiano che io e alcuni miei amici ci eravamo procurati un giornaletto pornografico. La professoressa si presentò in classe con il preside e ci costrinse ad andarci a confessare in chiesa – e così facemmo. A volte provo a leggere ai miei figli brani del Vangelo, ma ascoltano più per rispetto nei miei confronti che per interesse reale. Mio figlio più volte mi ha detto che sono tutte favole, e che la religione è solo un modo per illudersi che la vita abbia un senso. Mia madre è ancora molto devota, ma quest’estate, per la prima volta, dopo la morte di una sua amica, ha espresso un’inquietudine che mi ha turbato molto, perché pensavo incrollabile la sua fede: “Chissà se c’è qualcosa dopo la morte”. Per due millenni il cristianesimo ha impregnato ogni aspetto della vita degli italiani. Oggi abbiamo tutti il sospetto che dopo la morte non ci sia niente. Ecco perché ci affidiamo a medici, nutrizionisti e radiografi, perché l’unico modo che abbiamo per non finire nel buco nero è strappare qualche giorno in più a questa vita carnale. Ma basta la sopravvivenza per vivere pienamente? Io penso che la vera crisi del nostro tempo sia una crisi religiosa mascherata da crisi sociale ed economica. La morte di Dio ha devastato le nostre coscienze più di quanto pensiamo.
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