BasilicataLettere Lucane

LA SOLITUDINE DEI NOSTRI BAMBINI CHIUSI IN CASA

Lettere lucane

Ho notato che anche nei nostri piccoli paesi i bambini trascorrono i pomeriggi in casa, davanti a cellulari e tablet. La mia è stata forse l’ultima generazione che durante l’infanzia è cresciuta per strada, formandosi a stretto contatto con gli altri bambini. Oggi i genitori hanno un maggiore bisogno di sicurezza, e sentono di dover difendere in tutti i modi i loro figli dal “lupo cattivo”, senza rendersi conto che il vero “lupo cattivo” è proprio la solitudine, la distanza dalla realtà, l’atmosfera ovattata degli appartamenti. Anche per questo motivo si fanno meno figli: perché fare figli significa occuparsi di loro ventiquattr’ore al giorno – intrattenerli, divertirli, istruirli, giocarci. Un lavoro sfiancante. E tutto questo perché ci siamo convinti che il pericolo sia fuori, non calcolando minimamente il pericolo di una pedagogia tutta difensiva, domestica, virtuale. Questa follia protettiva rassicura noi genitori, ma danneggia molto loro, perché li allontana dalle concerete dinamiche relazionali – conflitti e gioie, scoperte e rischi – e tende a far lievitare nella loro mente un immaginario poco realistico. Vado per lavoro in città e paesi, e quasi mai mi càpita di vedere bambini che giocano a nascondino o a calcio. Ovviamente sono tanti i bambini che giocano a calcio, ma tutto è rigidamente organizzato: bisogna iscriversi a una scuola calcio, pagare un mensile, accompagnare i figli in auto, fare i salti mortali per tenere insieme lavoro, cena, compiti, ecc. Ecco perché non si fanno figli: perché significa crescerli in solitudine, e annientarsi per loro. Abbiamo troppa paura di fargli scoprire il mondo senza il nostro controllo ossessivo, così preferiamo parcheggiarli davanti a Youtube pensando in tal modo di proteggerli. Ma così non facciamo che indebolirli, e rendere frustrante e logorante il nostro essere genitori.
diconsoli@lecronache.info

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