BASILICATA, ANCORA UCCELLATORI NAPOLETANI
La denuncia del CABS: in Italia reati colpevolmente inadeguati
La denuncia di due presunti uccellatori, entrambi della provincia di Napoli, avvenuta nei giorni scorsi nei pressi di Atella (PZ), evidenzia ancora una volta quanto le previsioni di reato in Italia siano su questo tema palesemente inadeguate. Lo afferma il CABS, l’associazione di volontari specializzati in antibracconaggio, che ricorda come uccellatori napoletani in trasferta sono stati denunciati oltre che in Basilicata, anche in Calabria, Molise, Lazio e perfino Toscana.
I due, stante quanto comunicato dai Carabinieri, sarebbero stati sorpresi nascosti dietro un riparo predisposto in una zona collinare. Sul posto, invece, sono stati rinvenuti otto cardellini attirati in trappole artigianali con richiami acustici elettronici. I due, hanno riferito i Carabinieri, erano dotati di tutti gli arnesi che si utilizzano normalmente per l’illegale pratica della cattura di volatili di specie protetta. Ad intervenire i militari della Stazione di Atella e dell’Aliquota Radiomobile della Compagnia di Melfi coadiuvati della Stazione Forestale di Rionero in Vulture.
Secondo il CABS il riproporsi dell’uccellagione, specie in determinate aree del paese con un vera e propria specializzazione tra i napoletani, trova una sua spiegazione anche nelle mancanze con il quale il legislatore affronta il problema. “L’Unione Europea – ha riferito il CABS – proprio a causa del mancato rispetto da parte dell’Italia della Direttiva comunitaria in difesa delle specie avifaunistiche, aveva aperto nei confronti del nostro paese il fascicolo EU Pilot, ossia un atto propedeutico alla procedura d’infrazione. Non si è fatto nulla, anzi peggio – riporta il CABS – L’Italia, infatti ha convinto gli Uffici di Bruxelles a chiudere il fascicolo elaborando un piano contro il bracconaggio che è rimasto però inattuato nei suoi punti salienti”.
I Cardellini ora sequestrati nei pressi di Atella risultano protetti dalla Convenzione di Berna, firmata nel 1979 ed entrata in vigore in Italia due anni dopo. “Nel 2020 – ha concluso il CABS – succedono ancora queste cose. E’ evidente che un motivo deve pur esserci”.