CANCRO IN ERA COVID, IL PUNTO CON LA DOTT.SSA MANGONE
Basilicata «3100 tumori ogni anno; è la regione con i valori più bassi d’Italia e la sopravvivenza è tra le più alte registrate al Sud»
Nel mese dedicato alla prevenzione del cancro, Cronache fa il punto con la Dottoressa Lucia Mangone, Responsabile Registro Tumori provincia di Reggio Emilia, Past-President Associazione Italiana Registri Tumori, originaria di Muro Lucano.
La prima domanda riguarda prevenzione, cure e visite in tempo di Coronavirus: cosa sta accadendo?
«Purtroppo sono stati sospesi gli screening oncologici e anche le nuove diagnosi di tumore durante la pandemia ne hanno risentito. Più in generale, invece, nessuna sospensione dei trattamenti, visite urgenti garantite, visite di controllo eseguite in modalità online. Un nostro recente studio (Mangone L, Effect of the COVID-19 outbreak on new cancer diagnoses in Northern Italy published on American Journal of Clinical Pathology), ha mostrato che a Reggio Emilia le diagnosi di cancro durante il lockdown, erano diminuite del 35%, ma erano riprese immediatamente in giugno».
Quali sono le differenze tra nord e sud, nel rapporto malati- decessi?
«Nel 2020 in Italia sono stati stimati circa 377.000 nuovi casi di tumore maligno, 195.000 negli uomini e 182.000 nelle donne. Il confronto nord-sud mostra ancora un forte gradiente geografico: il tasso d’incidenza (standardizzato per 100.000 residenti) è 736 al nord e 636 al sud tra gli uomini e 512 e 423 tra le donne, rispettivamente. Queste differenze sono in gran parte legate alla presenza di fattori protettivi, soprattutto legati agli stili di vita, che ancora permangono nelle regioni meridionali».
La Basilicata come si attesta in numero di malati e tipologie di cure?
«Per quanto riguarda l’incidenza in Basilicata si registrano 3100 tumori ogni anno (1700 tra gli uomini e 1400 tra le donne). In generale si tratta della regione con i valori più bassi d’Italia, anche tra le regioni meridionali: considerando la popolazione residente, il tasso di incidenza per 100,000 abitanti in Basilicata è 575 tra gli uomini e 425 tra le donne (in Campania i valori sono 666 negli uomini e 503 nelle donne). Anche la sopravvivenza in Basilicata è tra le più alte registrate al sud: 55% tra gli uomini e 62% tra le donne (nella vicina Campania i valori sono 50% e 59%, rispettivamente). In particolare la Basilicata presenta alti valori in termini di sopravvivenza per mammella (88% vs 84% della Campania) e del colon-retto (63% vs 59% della Campania).
Esiste una differenza lungo tutto lo Stivale per quanto concerne la prevenzione?
«Tra i fattori di rischio chiamati in causa nella genesi dei tumori, oltre ai fattori genetici, ci sono fattori ambientali, legati all’esposizione all’inquinamento atmosferico e soprattutto fattori individuali legati ai nostri stili di vita. Negli ultimi anni assistiamo ad un drammatico peggioramento delle abitudini dei cittadini residenti nelle regioni meridionali: maggior rischio per fumo, alcool, alimentazione e attività fisica. Questo comportamento sta modificando profondamente la fisiologia dei tumori in Italia che una volta erano appannaggio prevalentemente delle regioni del nord e adesso invece sono in aumento in molte regioni meridionali».
Sono anni che si parla di screening e profilassi, qualcosa è cambiato?
«Gli screening oncologici sono interventi di sanità pubblica importanti perché offrono gratuitamente a tutti i cittadini la possibilità di eseguire esami diagnostici per individuare precocemente una neoplasia. Oggi sono 3 gli screening disponibili sul territorio nazionale: per la prevenzione del tumore della mammella (rivolto alle donne in età 50-69 anni), della cervice uterina (25-64 anni) e per la prevenzione dei tumori del colon-retto (uomini e donne tra i 50-69 anni).
Tuttavia è necessario che l’estensione dello screening sia garantita a tutti i cittadini ed è necessario anche che le persone vi aderiscano. Per quanto riguarda quest’ultimo aspetto, la Figura mostra l’adesione ai 3 screening nelle regioni italiane».
Quando si parla di tumore il pensiero si lega alla morte. La scienza offre oggi nuove speranze di vita?
«La mortalità per tumore si è notevolmente ridotta nel corso degli anni e i dati sulla sopravvivenza (numero persone vive dopo 5 anni dalla diagnosi) lo dimostrano. Questo è vero però soprattutto per alcune neoplasie considerate a buona prognosi (mammella, prostata, colon-retto, melanomi) mentre per i tumori a cattiva prognosi (come esofago e pancreas) i miglioramenti sono ancora molto modesti».
Al Nord ci si ammala di più, ma al Sud si sopravvive di meno?
«Per la maggior parte delle sedi (Tabella) nelle regioni del sud la sopravvivenza è più bassa rispetto al centro-nord. Questa differenza potrebbe essere legata a due aspetti: i tumori vengono scoperti più tardivamente (mancanza di screening, meno attenzione alla diagnosi precoce) ma anche alla presenza di pochi centri specializzati nella cura del cancro, che sono presenti soprattutto nelle regioni del nord Italia».
Alimentazione, clima, stili di vita in generale “proteggono” da questo male?
«Una buona alimentazione (mangiare regolarmente frutta e verdura, pesce e poca carne) e un corretto stile di vita (non fumare, bere poco alcol e fare attività fisica) proteggono certamente dalla diagnosi di cancro. Un recente studio italiano ha calcolato che, solo adottando un corretto stile di vita, in Italia si potrebbero evitare oltre 44.000 morti per tumore tra gli uomini e circa 20.000 tra le donne».
Quali sono le fasce d’età più a rischio e quando cominciare a fare le visite di routine?
«L’invecchiamento è un fattore determinante nello sviluppo del cancro e infatti l’incidenza aumenta in modo proporzionale con l’età. Questa relazione è legata all’accumularsi nell’organismo degli effetti cancerogeni di fattori di rischio e alla diminuzione delle capacità di difesa e riparazione dell’organismo stesso. I tumori, pur nella loro sregolatezza, hanno ancora delle regole: nei giovani uomini (<50 anni), il tumore più frequente è rappresentato dal cancro del testicolo, raro negli anziani. Negli adulti (50-69 anni) e negli anziani (70+) il tumore più frequente è rappresentato dalla prostata, seguito da polmone, colon-retto e vescica. Tra le donne invece il cancro della mammella rappresenta la neoplasia più frequente in tutte le classi di età, sebbene con percentuali diverse (41% nelle giovani vs 35% nelle adulte e 22% nelle anziane). Nelle giovani seguono i tumori della tiroide, melanomi, colon retto e cervice uterina. Nella classe 50-69 anni seguono i tumori del colon-retto, corpo dell’utero, polmone e tiroide mentre nelle anziane seguono i tumori del colon-retto, polmone, pancreas e stomaco».
Qual è il rapporto tra malati e guariti, uomo-donna?
«I tumori includono almeno 200 malattie diverse, perciò anche le differenze per sesso sono molto evidenti. Escludendo i tumori della cute (non melanomi), negli uomini prevale il tumore della prostata (18% di tutti i tumori), seguito dal colon-retto (16%) e polmone (15%); tra le donne invece il tumore della mammella da solo rappresenta il 28% delle neoplasie, seguito dal tumore del colon-retto (13%), del polmone (8%). Anche la sopravvivenza a 5 anni presenta valori diversi: 54% negli uomini e 63% nelle donne, differenza in gran parte legata al fatto che nelle donne il tumore più frequente è quello della mammella, caratterizzato da una buona prognosi. I tumori a miglior prognosi sono prostata (92%), testicolo (91%) e tiroide (90%) negli uomini e tiroide (95%), melanoma (89%) e mammella (87%) nelle donne. I tumori a peggior prognosi rimangono pancreas (7%), mesotelioma (8%) ed esofago (12%) negli uomini e pancreas (9%), mesotelioma (10%) ed esofago (17%) nelle donne».
Sul piano psicologico cosa si fa in Italia per “curare” anche la psiche di chi si ammala?
«Questa è una bellissima domanda perché rende ragione di quanto affermava il Prof. Veronesi “Il tumore è una malattia complessa che va eradicata non solo dal copro ma che si insinua nelle mente”.
Si tratta infatti di una malattia che oltre al corpo, cattura anche la sfera familiare, sociale, affettiva, sessuale e lavorativa. Donne e uomini possono perdere o cambiare lavoro dopo una diagnosi di tumore, coppie che si separano, persone che vanno in depressione. Un rimedio non esiste ma sempre più spesso oggi nei reparti di oncologia è prevista la figura dello psicologo che aiuta i pazienti ad affrontare la malattia. Il problema non è avere un tumore piccolo o grande: ogni persona vive la malattia secondo la sua personalità, la sua educazione, la sua aspettativa di vita.
Il consiglio è: affidarsi alle cure di un bravo oncologo che prenda in “carico” non solo il corpo ma anche la mente; chiedere aiuto alla famiglia, agli amici, ai colleghi, e soprattutto, un passo alla volta!
Bisogna cambiare prospettiva di vita e pensare al “qui e adesso”. Occorre diventare un pochino egoisti e pensare a sé stessi, volersi bene. Infine mai perdere la speranza, mai cercare in Internet informazioni sulla prognosi della malattia, mai fidarsi di chi garantisce interventi miracolosi. Impariamo ad accettare la nostra condizione, e a viverci insieme il più a lungo possibile».