FESTIVAL “SO FAR SO CLOSE”
Di Stefano: “sistema coreografico di performers”; Dinamismo e movimento ipnotico per la compagnia MK
Corpi che si sfiorano senza mai toccarsi, ma in grado di generare un campo energetico molto intenso, dando vita a un rituale collettivo che ha assorbito linguaggi e tendenze artistiche differenti. E’ Bermudas pluripremiato spettacolo di danza che ha ricevuto nel 2018 il premio Danza&Danza come miglior produzione italiana e nel 2019 il premio Ubu come miglior spettacolo di danza, portato in scena a Matera sabato sera dalla compagnia MK, nella Galleria del Centro Commerciale Il Circo per l’ultimo appuntamento con il Festival di arti performative “So Far So Close. Esercizi di vicinanza” prodotto dalla Fondazione Matera Basilicata 2019, con la collaborazione artistica di Silvia Bottiroli e Cristina Ventrucci, in partenariato con Apt Basilicata e ASM Matera e il patrocinio dei Comuni di Matera, Montescaglioso, Venosa, San Mauro Forte, Cirigliano, Latronico, San Severino Lucano.
Un lavoro complesso, dinamico, ipnotico, magnetico, che ha visto in scena sette eccezionali performers che, con movimenti fluidi e veloci sono stati capaci di trascinare gli spettatori nel ritmo ossessivo di un sistema coreografico studiato nei minimi dettagli, in cui nulla è lasciato al caso e all’improvvisazione. Ideatore del lavoro ispirato alle teorie del caos, il coreografo e danzatore Michele Di Stefano, Leone d’Argento alla Biennale di Venezia, tornato a Matera con un lavoro che, attraverso la danza, permette di costruire uno spazio sempre accessibile a qualunque nuovo ingresso, riuscendo a portare la danza nell’ambiente circostante.
“Il lavoro- ha spiegato Di Stefano– è un sistema coreografico lavorato su un cast di 13 performers ma ogni volta in scena ce ne sono sette, proprio perché con questo principio di rotazione si crea una sorta di instabilità degli elementi che vengono messi in campo. E’ uno spettacolo di pura danza, di puro movimento, che va avanti accelerando in maniera consistente la sua velocità ed è costruito su regole molto semplici, su quattro gesti base che definiscono la posizione, l’atteggiamento, la postura del corpo nello spazio. Questi gesti combinati in maniera personale da ogni singolo performer, formano un linguaggio che per esistere deve cogliere il linguaggio che gli sta accanto. Non è basato sull’improvvisazione, anzi, al contrario, su una ferrea regola di valutazione delle circostanze in cui il corpo si muove e per questo richiede una grossa concentrazione da parte dei danzatori, e di rinuncia al disegno della figura per permettere all’organismo generale di evolversi. E’ uno spettacolo che parla moltissimo al pubblico e siamo già a un numero molto consistente di repliche. Avevamo pensato di presentare al pubblico la versione estesa dello spettacolo, Bermudas Forever, della durata di 3 ore e che prevedeva il coinvolgimento del pubblico ma in questo periodo eccezionale, in cui è necessario il distanziamento, abbiamo dovuto ridimensionare”– afferma il coreografo.
Il coreografo Di Stefano è tornato a Matera dopo aver curato lo scorso anno la sezione “Giacimenta” del progetto Petrolio. Uomo e natura nell’era dell’Antropocene co-prodotto da Associazione Basilicata 1799 e Fondazione Matera-Basilicata 2019.
“Sono molto legato a Matera e sono affascinato dal perimetro di questa città, da questa dimensione di un confine dissolto che parla alla città e rende molto speciale l’intrico che c’è. A Matera – aggiunge- riconosco una raffinatezza intellettuale tipica della provincia italiana, luoghi che sono grossi focolai di creatività ma che sembrano fermi rispetto ai circuiti e ai cicli di produzione culturale; in realtà è proprio quel tipo di passo diverso che permette una evoluzione della creatività e della fantasia su un’altra velocità e questo per me Matera l’ha sempre dimostrato”.
Creative e sperimentali sono state anche le soluzioni ideate dall’Open Design School per allestire uno spazio non convenzionale come la galleria di un centro commerciale, trasformato in un teatro in grado di ospitare spettacoli di arti performative, che sono ritornate così in uno dei quartieri periferici della città, in un nuovo esercizio di vicinanza fra spazi urbani.