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LA RABBIA DEI RISTORATORI MATERANI: DA CAPITALE DELLA CULTURA A QUELLA DELLA CHIUSURA

La “ricetta” di Conte contro il Covid che non piace all’Associazione Ristoratori di Matera: «Abbiamo già perso tra il 30 e 60% rispetto al 2019»

La galoppante ripresa del coronavirus in Italia ha indotto nelle ultime ore il Governo a scendere nuovamente in campo emanando ulteriori misure di contrasto al virus. Non si è tornati al temutissimo lockdown, ma la stretta alla “gola” soprattutto periristoratori è stata davvero forte e per certi aspetti ancora più penalizzante di una chiusura totale. In sostanza, in base alle nuove disposizioni contenute nel Dpcm di domenica 25 ottobre, la “ricetta” curativa anti-Covid “preparata” dal Presidente Conte prevede che le attività deiservizi di ristorazione ovvero ristoranti, bar, pub, pasticcerie, gelaterie, siano consentite dalle ore 5 del mattino sino alle ore 18 con consumo al tavolo, precludendo, dunque a tutti la tanto desiderata e ambita “cenetta”, tradizione ormai consolidata nella cultura culinaria italica e spesso provvidenziale momento per rifocillarsi, socializzare e soprattutto non dover lavare piatti e rigovernare la cucina dopo una dura giornata di lavoro. In ogni ristorante– prosegue impietoso il Dpcm – è previsto un massimo di quattro persone pertavolo a meno che gli occupanti siano tutti conviventi. E se prima si esponeva sulla porta d’ingresso dei ristoranti l’invitante pergamena del menù con i piatti del giorno che facevano venire l’acquolina in bocca, ora è obbligatorio esporre un cartello che riporti il numero massimo delle persone ammesse contemporaneamente nel locale e ciò, in caso di nutrite comitive pronte ad un lauto convivio, invece l’appetito lo fa passare. Ora nessuno qui sottovaluta né tantomeno sminuisce la pericolosità del virus, né si muovono critiche all’operato del Governo, ma i ristoratorisono davvero preoccupati e alcuni di loro da noi intervistati, confessano che l’essere loro oggetto di tali provvedimenti sempre più restrittivi, li fa sentire un po’ come se essi fossero i responsabili dell’aumento dei contagi. E per avere noi un’idea più chiara di cosa stia davvero accadendo siamo andati a vedere di persona qual è la realtà nei ristoranti della città dei Sassi che, fino all’anno scorso, anche in virtù della proclamazione della città a Capitale Europea della cultura 2019, aveva visto un afflusso di oltre un milione di persone con conseguenti file perenni davanti a queglistessi ristoranti le cui porte ora sono serrate con su scritto mestamente: “Chiuso per Covid”. Abbiamo così fatto una chiacchierata con Luca Mangiapia, proprietario di una rinomata pizzeria nei Sassi e presidente dell’ AssociazioneRistoratori di Matera, che aderisce a Confesercenti Provinciali di Matera e che si prefigge la promozione dell’enogastronomia locale e la valorizzazione del comparto agroalimentare di qualità del territorio. «In questo momento la situazione è di grande incertezza e perplessità – dice Mangiapia– perché siamo quasi tutti convinti che questo provvedimento così restrittivo per i ristoratori, non risolverà il problema. Se noi fossimo la causa del problema e chiudendo tutti ilCovid sparisse, allora saremmo i primi a chiudere e sacrificarci per il paese, ma onestamente non credo proprio che il problema siamo noi. Né credo tra l’altro che ci siano studi medici che indicano che i ristoranti e ristoratorisiano una particolare causa che origina focolai d’infezione del virus». «In termini di perdite – conferma Mangiapia che ha sott’occhio la situazione un po’ generale di tutti i ristoratori materani – siamo quasi tutti tra il 30% e il 60%». « Se salta anche il Natale – ci dice Stefano Tricarico un altro eccellente ristoratore e proprietario di un noto ristorante materano alla fine avremo perso oltre il 60% del fatturato. Questa è la perdita netta avuta rispetto al 2019. E tra l’altro – aggiunge noi già viaggiavano con un 45% in meno di coperti per adeguamento alle norme sul distanziamento». Luca Mangiapia ci dice che nonostante le difficoltà notevoli indotte dall’ultima stretta normativa, ha deciso di garantire il pranzo pur sottoponendosi a notevoli rischi e sacrifici economici e dunque non chiuderà battenti; Stefano, invece ci confessa, quasi sottovoce: «Date le dimensioni della nostra struttura, a fronte di questa ennesima restrizione non ci resta che chiudere. Mi dispiace – prosegue Tricarico per i miei dipendenti, ragazzi da domani in cassa integrazione con davvero pochi soldini in busta». Noi abbiamo pensato di concludere con una nota disperanza e ironia e alla domanda su che cosa servirebbero al Presidente Conte se andasse da loro in ristorante, ecco cosa ci hanno detto: «Io gli presenterei il conto totale dice ridendo Stefano Tricarico – per le perdite economiche subite e solo in piccolissima parte rimborsate. Ma comunque alla fine un bel cannolo alla “Gatta Buia” con ricotta e arancia gliel’ offrirei». «Io, invece dice Luca Mangiapia – offrirei a Conte una variopinta e squisita pizza della casa “Oi Marì”, ma con un accorgimento. Un bel po’ di peperoncino sopra così quando la mangia gli viene ‘na botta di piccante che non se l’aspetta».

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