OMICIDIO DI SERENA MOLLICONE: A GIUDIZIO LA FAMIGLIA MOTTOLA, NOTIFICATO IL DECRETO
Il “Leakage” consiste nel rilascio involontario di informazioni che stazionano nella mente del soggetto interrogato.
In tutti questi anni Marco Mottola non ha mai negato in modo credibile di aver ucciso Serena Mollicone, non ha mai detto “Io non ho ucciso Serena Mollicone, sto dicendo la verità”
UN CASO ALLA VOLTA FINO ALLA FINE
OMICIDIO DI SERENA MOLLICONE: A GIUDIZIO LA FAMIGLIA MOTTOLA, NOTIFICATO IL DECRETO
Il Giudice per le Udienze Preliminari del Tribunale di Cassino, dottor Domenico Di Croce, ha notificato il decreto che dispone il processo per omicidio volontario per l’ex maresciallo della stazione di Arce, Franco Mottola, la moglie Anna Maria e il figlio Marco.
Vincenzo Quadrale e Francesco Suprano verranno giudicati invece per concorso morale e favoreggiamento.
Serena Mollicone era nata ad Arce, in provincia di Frosinone, il 18 novembre 1982 e ad Arce è stata uccisa il 1º giugno 2001.
Il suo cadavere è stato poi trovato due giorni dopo in località Fonte Cupa, nel boschetto dell’Anitrella.
Il cadavere di Serena, ritrovato due giorni dopo la sua scomparsa (1 giugno 2001) in un bosco a pochi chilometri da Arce, presentava i segni di un trauma contusivo alla tempia sinistra, aveva mani e gambe legate, nastro adesivo sulla bocca e un sacchetto di plastica sulla testa.
L’esame medico legale ha stabilito che la giovane Mollicone era morta per asfissia.
Nel settembre 2002 la procura di Cassino iscrisse nel registro degli indagati Carmine Belli, un carrozziere di Rocca d’Arce.
Il 6 febbraio 2003, su richiesta dei pubblici ministeri Maurizio Arcuri e Carlo Morra, il GIP Francesco Galli dette il via libera all’arresto di Carmine Belli.
Belli venne processato e assolto ma scontò comunque 17 mesi di carcere.
L’11 aprile 2008, Santino Tuzi, un carabiniere di Arce, si uccise all’interno della sua auto sparandosi con la pistola d’ordinanza.
Tuzi aveva appena rivelato a chi indagava sull’omicidio di Serena Mollicone che la mattina della sua scomparsa, Serena era entrata nella caserma di Arce intorno alle 11.00 e fino alle 14.30 non era uscita.
Nell’aprile 2019 la procura di Cassino ha chiesto il rinvio a giudizio per concorso in omicidio per Marco Mottola, per suo padre Franco (ex maresciallo dei carabinieri), per sua madre Anna e per il maresciallo Vincenzo Quatrale e per favoreggiamento per l’appuntato Francesco Suprano.
Quatrale è anche accusato di istigazione al suicidio del brigadiere Santino Tuzi.
L’11 gennaio 2020 Marco e Franco Mottola hanno indetto una conferenza stampa e rilasciato delle dichiarazioni.
Dichiarazioni che sono state puntualmente analizzate dalla criminologa Ursula Franco con la tecnica della Statement Analysis:
In Statement Analysis partiamo dal presupposto che chi parla sia “innocente de facto” e che parli per essere compreso.
Da un “innocente de facto” ci aspettiamo che neghi in modo credibile e che nel suo linguaggio non siano presenti indicatori caratteristici delle dichiarazioni di coloro che non dicono il vero.
In questo caso, in specie perché sono stati loro a convocare i giornalisti, ci aspettiamo che Marco e Franco Mottola colgano l’occasione per negare in modo credibile di aver ucciso Serena Mollicone.
Una negazione credibile è composta da tre componenti:
▪ il pronome personale “io”;
▪ l’avverbio di negazione “non” e il verbo al passato “ho”, “non ho”;
▪ l’accusa “ucciso tizio”.
La frase “io non ho ucciso Serena Mollicone”, seguita dalla frase “ho detto la verità” o “sto dicendo la verità” riferita a “io non ho ucciso Serena Mollicone”, è una negazione credibile.
Anche “io non ho ucciso Serena Mollicone, ho detto la verità, sono innocente” è da considerarsi una negazione credibile.
In Statement Analysis analizziamo le parole che non ci aspettiamo di udire o di leggere (The Expected Versus The Unexpected).
Un “innocente de facto” non ci sorprenderà, negherà in modo credibile già nelle prime battute.
Un “innocente de facto” mostrerà di possedere la protezione del cosiddetto “muro della verità” (wall of truth), un’impenetrabile barriera psicologica che permette ai soggetti che dicono il vero di limitarsi a rispondere con poche parole in quanto gli stessi non hanno necessità di convincere nessuno di niente.
Marco Mottola: “Io sono innocente. Non ho mai fatto del male a Serena Mollicone, né so nulla sulla sua morte. Respingo ogni accusa. La mattina del primo giugno non l’ho vista, né in caserma, né in altre parti. Non è venuta a cercarmi mai in caserma. Il brigadiere Santino Tuzi non mi ha telefonato dalla caserma a casa mia e non mi ha avvisato di nulla. Dice una menzogna o si sbaglia quando dice di aver parlato con me. Preciso che ero presente al funerale di Serena. Ed ancora: in vita mia ho commesso degli errori e ho dato molti problemi alla mia famiglia, a mio padre, e di questo ho chiesto scusa a loro com’è giusto che sia. Abbiamo fiducia nella giustizia. Per il resto parleremo con i giudici. Ehm, non… non chiedetemi nulla perché per ogni eventuale domanda parlate con l’avvocato, con il professore, il portavoce del team. Grazie.”
Marco Mottola avrebbe potuto negare in modo credibile pronunciando solo 12 parole ed invece ha scelto di usarne 149 per convincere i suoi interlocutori di non aver ucciso Serena.
“Io sono innocente” non è una negazione credibile. Dirsi innocente non equivale a negare l’azione omicidiaria.
Peraltro, Marco Mottola “innocente de iure” lo è non essendo stato ancora giudicato.
“Non ho mai fatto del male a Serena Mollicone, né so nulla sulla sua morte” non sono negazioni credibili.
Il fatto che Marco Mottola usi “fatto del male” invece che “ucciso” ci rivela il suo desiderio di non confrontarsi con le accuse per evitare lo stress che gli indurrebbe. Peraltro, con l’uso dell’avverbio “mai” il Mottola fa riferimento ad un lasso di tempo indefinito.
“Respingo ogni accusa” è un modo di negare le accuse non l’omicidio.
Marco Mottola dice “ho chiesto scusa a loro com’è giusto che sia” perché sente il bisogno di rappresentarsi come un “bravo ragazzo”, un bisogno che i “bravi ragazzi” non hanno.
Il suo bisogno è dettato dalla necessità di ingraziarsi la platea.
Si noti “ho chiesto scusa”.
In Statement Analysis, a prescindere dal contesto in cui vengono pronunciate, notiamo sempre le parole “mi dispiace”, “scusa”, “mi scuso”, “chiedo scusa”, “ho chiesto scusa” perché è estremamente frequente che vengano emesse da chi ha commesso il reato di cui parla e sono da considerarsi una sorta di “Leakage”.
Il “Leakage” consiste nel rilascio involontario di informazioni che stazionano nella mente del soggetto interrogato.
In tutti questi anni Marco Mottola non ha mai negato in modo credibile di aver ucciso Serena Mollicone, non ha mai detto “Io non ho ucciso Serena Mollicone, sto dicendo la verità”.
Franco Mottola: “Intanto buongiorno e benvenuti a questa conferenza. Personalmente respingo, respingiamo ogni accusa. Sono e siamo totalmente innocenti della morte di Serena. E di ogni azione criminale collegata a lei, non so e non sappiamo nulla. Comunque, se Serena realmente doveva andare a parlare con mio figlio non c’era bisogno che si facesse vedere dal piantone della caserma, poteva citofonare direttamente all’alloggio avendo un ingresso indipendente e un citofono indipendente per accedere agli alloggi, quindi non è il caso… non c’era bisogno che suonasse in caserma per accedere a casa mia, eh… giusto per… Poi: chi collega la morte di Santino Tuzi al fatto che qualche giorno dopo doveva avere un confronto con me, dice una sciocchezza enorme basata sulla voglia di calunniare e costruire fantasie perché né io, né il mio difensore, né nessuno di noi era a conoscenza di questa cosa, nessuno, a nessuno di noi è stato mai comunicato… questa notizia, quindi è del tutto falsa e infondata. Per il resto parleremo con i giudici. Ci auguriamo che vengano scoperti l’assassino di Serena e gli eventuali complici. Ci siamo chiusi a riccio da quando ci siamo accorti che ci circondavano e ci sommergevano di facili accuse, di sospetti e dicerie. Non chiedetemi nulla. Per ogni cosa parlate con l’avvocato o con il professore, come già detto prima, si parlerà soltanto congiuntamente e non da soli. Grazie a tutti.”
Anche Franco Mottola, invece di negare in modo credibile un suo coinvolgimento nell’omicidio di Serena Mollicone, ha scelto di usare 231 parole per convincere i suoi interlocutori della sua estraneità ai fatti.
“Personalmente respingo, respingiamo ogni accusa” è un modo di negare le accuse non l’omicidio.
“Sono e siamo totalmente innocenti della morte di Serena” non è una negazione credibile, peraltro, non esistono gradi diversi di innocenza, non esistono soggetti “innocenti” ed altri “totalmente innocenti”.
“E di ogni azione criminale collegata a lei, non so e non sappiamo nulla” non è una negazione credibile.
“Se Serena realmente doveva andare a parlare con mio figlio”, sono parole di Franco Mottola, è lui ad aprire la porta a questa possibilità.
CONCLUSIONI
Né Marco, né suo padre Franco Mottola hanno negato in modo credibile di aver partecipato all’omicidio di Serena Mollicone, né hanno mostrato di possedere la protezione del cosiddetto “muro della verità”.