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FANTASIA BUROCRATICA SULLA TRASPARENZA IN REGIONE L’ENTE SCARICA LA COLPA SU UNA «SOCIETÀ ESTERNA»

Il mancato rispetto della normativa, funzionale anche per la «lotta alla corruzione», fatto illogicamente ricadere sull’esternalizzazione del «servizio di archiviazione»

Trasparenza amministrativa della Regione Basilicata: fantasia interpretativa e zone d’ombra. Eppure per l’Ente, quello della trasparenza è un obbligo al quale è tenuto ad «adempiere», anche, ma non solo, in verità del fatto che l’attuazione del principio risponde da un lato alle esigenze di consentire la partecipazione democratica dell’azione amministrativa, e, dall’altro alle esigenze di «lotta alla corruzione». In caso di mancata trasparenza, però, la Regione Basilicata preferisce pagare, con i soldi pubblici dei lucani, le sanzioni amministrative pur di continuare a non rendere noto ciò che, invece, dovrebbe esserlo. Ma c’è di più.

A parte la consueta e inusuale prassi per cui le determine dirigenziali continuino ad esser note solamente per estratto, il contenuto viene puntualmente censurato, in Regione quando su precise richieste hanno dovuto alzare bandiera bianca non potendo più opporre interpretazioni ingiustificate, poichè prive di base giuridica, nonchè restrittive, hanno fornito finalmente una delle reali cause o della mancata trasparenza o del mancato rispetto dei tempi per adempiere all’obbligo normativo. Certi genericamente definiti «carteggi», in realtà documenti quali progetto, istanza, pareri endoprocedimentali e via discorrendo, como possono essere, per esempio, gli atti che contraddistinguono l’iter procedurale relativo alle Valutazioni di impatto ambientale, sono «conservati nell’archivio generale della Regione affidato alla custodia di una società esterna» e «pertanto il reperimento degli atti sconta tempi più lunghi».

Se già la fantasia amministrativa dei burocrati in regione riusciva e riesce a toccare picchi, ovvero abissi, difficilmente immaginabili, in questo caso c’è anche un salto di qualità: il quadrato esponenziale. Come a dire, secondo le risposte ufficiali dell’Ente, che la Regione sì ha degli obblighi anche in riferimento ai tempi entro i quali fornire atti e documenti a chi li richiede, ma la «società esterna» alla quale, non per pochi spiccioli, è stato affidato il servizio di archiviazione no.

In Italia c’è il Foia, in Basilicata esite un Foia tutto lucano. Il Freedom of Information Act (Foia), diffuso in oltre 100 paesi al mondo, è la normativa che garantisce a chiunque il diritto di accesso alle informazioni detenute dalle pubbliche amministrazioni, «salvi i limiti a tutela degli interessi pubblici e privati stabiliti dalla legge». In Italia tale diritto è stato introdotto con il decreto legislativo 97 del 2016, che ha modificato il decreto legislativo 33 del 2013, cosiddetto “decreto trasparenza, introducendo l’accesso civico generalizzato al fine di promuovere la partecipazione dei cittadini all’attività amministrativa e «favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche».

Dalla ricezione della richiesta comunemente denominato “accesso agli atti”, l’amministrazione pubblica, inoltre, ha «30 giorni di tempo per fornire un riscontro». In Italia forse, ma non in Basilicata e il motivo, qualora si riesca a superare certo ostruzionismo aprioristico dei competenti, è che c’è una «società esterna». Alla «società esterna», secondo la Regione, il Foia non si applica.

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