LA VISITA MILITARE A POTENZA IN UN GIORNO DI PIOGGIA
Lettere lucane
Ho visto le fotografie sui danni e i disagi che le piogge hanno arrecato a Potenza. Mentre osservavo le foto ascoltavo il rumore della pioggia sulla finestra del mio ufficio qui a Roma, e per un po’ mi sono distratto. Mi sono alzato, ho guardato fuori, e ho notato che era quasi notte, anche se era pomeriggio – e quell’atmosfera grigia, crepuscolare, umbratile me la sono sentita addosso, dentro. Mi sono alzato e ho ricordato un giorno piovoso a Potenza dell’inverno del 1994. Mi ero recato nel capoluogo con tutti i maschi rotondesi del 1976 per fare la visita di leva. Era la prima volta che vedevo Potenza, e l’impressione che ebbi fu quella di una città grigia, crepuscolare, umbratile – solo con il passare degli anni, maturando, ho imparato ad apprezzarne la bellezza: una bellezza segreta, intima, domestica. Ho sorriso da solo, perché quel giorno accadde una cosa buffa, che ancora oggi mi fa ridere. Eravamo in fila in caserma per fare l’esame delle urine. Passavano le ore ma nessuno ci chiamava. Fedele, davanti a me, si agitava inquieto, sorrideva intimidito. Gli chiesi cos’avesse, e lui mi disse che non ce la faceva più a trattenere la pipì. Gli dissi: “E che problema c’è? Vai in bagno e falla. Tanto qui per ora non chiamano”. E con la mia sicumera lo convinsi ad andare in bagno. Ma non appena tornò ci chiamarono per riempiere il recipiente delle urine e, recatici ordinatamente in fila nei bagni della caserma, Fedele mi guardò disperato, e mi disse che l’aveva fatta tutta prima, e che non ne aveva nemmeno un goccio per le analisi. Gli dissi di passarmi il recipiente; e, senza pensarci due volte, riempii il mio e il suo. Solo che quando ci comunicarono i risultati, le mie urine erano perfette, mentre quelle di Fedele risultarono sospette, tanto che fu spedito d’urgenza a Bari per ulteriori accertamenti. E io non ho mai capito perché.
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