LA BASILICATA DEI TESORI: RITROVATO UN ANTICO PONTE DELLA VIA APPIA A PALAZZO SAN GERVASIO
La scoperta grazie alla sinergia tra Pinacoteca e biblioteca “Camillo D’Errico” e la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio Lucana
Importante ritrovamento nei giorni scorsi a Palazzo San Gervasio: dopo un lungo e laborioso lavoro, frutto dell’opera della Pinacoteca e Biblioteca “Camillo d’Errico” di Palazzo San Gervasio, in sinergia con la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio della Basilicata, è stata concretizzata una eccezionale scoperta. È stato infatti ritrovato un ponte appartenente alla leggendaria via Appia, snodo viario fondamentale dell’impero Romano. L’estate scorsa, durante i lavori per la realizzazione della infrastruttura idrica “Bradano-Basento”, nei pressi della ex-stazione ferroviaria, in località Fontana Rotta, è stata scoperta una importante necropoli imperiale romana, datata tra il I ed il IV secolo d.C. Lo studio dei reperti e dei contesti scavati, tuttora in corso grazie ad una Convenzione tra la “Pinacoteca Camillo D’Errico” e la Soprintendenza -coordinamento organizzativo di Mario Saluzzi e direzione scientifica di Sabrina Mutino-, è stato quindi implementato con la ricognizione sistematica delle tracce archeologiche presenti nel territorio di Palazzo San Gervasio e dei paesi viciniori di Venosa,Banzi e Genzano di Lucania.
Ne sono scaturite nuove scoperte, come la presenza di due ponti sulla fiumara tra Venosa e Palazzo e le tracce di un acquedotto romano, che da Palazzo sembra ricollegarsi al famoso acquedotto fatto costruire da Erode Attico nel II secolo d.C.da Montemilone a Canosa. Una scoperta eccezionale e che getta nuova luce sul ruolo storico della Basilicata, così come la conosciamo oggi, all’epoca romana. Qui l’edificazione infrastrutturale romana ha creato indubbiamente le premesse per il successivo sviluppo insediativo, perdurato fino alla piena età medievale, quando, una rinnovata attenzione per quest’area ha creato le basi per la costruzione di un caravanserraglio normanno, diventato poi un castello vero e proprio in età federiciana e manfrediana. Un territorio e un centro urbano, quindi, caratterizzati dalla forte impronta storico-archeologica che sta finalmente affiorando, grazie all’azione intrapresa dall’Ente morale Pinacoteca “Camillo D’Errico”. La via Appia era una strada romana che collegava Roma a Brundisium (Brindisi), porto tra i più importanti dell’Italia antica, da cui avevano origine le rotte commerciali per la Grecia e l’Oriente. Considerata dai Romani la regina viarum (regina delle strade), è universalmente ritenuta, in considerazione dell’epoca in cui fu realizzata (fine IV III sec. a.C.), una delle più grandi opere di ingegneria civile del mondo antico per l’enorme impatto economico, militare e culturale che essa ha avuto sulla società romana. Larghi tratti della strada, particolarmente nel suburbio della città di Roma, sono ancora oggi conservati e percorribili nonché meta del turismo archeologico.
Il percorso originario dell’Appia Antica, partendo da Porta Capena, vicino alle Terme di Caracalla, collegava l’Urbe a Capua (Santa Maria Capua Vetere) passando per Aricia (Ariccia), Forum Appii, Anxur (Terracina) nei pressi del fiume Ufente, Fundi (Fondi), Itri, Formiae (Formia), Minturnae (Minturno), e Sinuessa (Mondragone). Da Capua proseguiva poi per Vicus Novanensis (Santa Maria a Vico) e, superando la stretta di Arpaia, raggiungeva, attraverso il ponte sul fiume Isclero, Caudium (Montesarchio) e di qui, costeggiando il monte Mauro, scendeva verso Apollosa ed il torrente Corvo, su cui, a causa del corso tortuoso di questo, passava tre volte, utilizzando i ponti in opera pseudoisodoma di Tufara Valle, di Apollosa e Corvo, i primi due a tre arcate e l’ultimo a due. Questi furono distrutti durante la seconda guerra mondiale, e solo quello di Apollosa è stato ricostruito fedelmente.