TREDICESIME PIÙ LEGGERE PER I LUCANI
Il segretario regionale della Uil Tortorelli: «Meno soldi per i 63.135 lavoratori che hanno usufruito della cassa integrazione»
Tredicesime più leggere per i 63.135 lavoratori lucani che quest’anno hanno usufruito della cassa integrazione guadagni (40.597 per ordinaria, 10.716 per la FIS, 11.822 per la cig in deroga), in particolare per quanti sono stati collocati in cassa integrazione a zero ore. È quanto emerge da un’analisi condotta dal Servizio Lavoro, Coesione e Territorio della UIL che ha simulato gli importi delle tredicesime, su uno stipendio medio del settore privato, dei dipendenti che nel corso del 2020 hanno usufruito della cassa integrazione. Le ore di cassa integrazione con causale Covid-19 in Basilicata da aprile ad ottobre sono state circa 25 milioni 229 mila, di cui 16 milioni 655 mila di cig ordinaria, 4 milioni 900 mila per Fondi Solidarietà presso Inps e 3 milioni 600 mila per cig in deroga. Su uno stipendio lordo di 21.700 euro, commenta Ivana Veronese, mediamente stando in cassa integrazione la mancata maturazione del rateo della tredicesima ammonta a 139 euro medi pro capite (l’8,3% dell’importo), su un importo lordo della tredicesima pari a 1.670 euro.
Se si analizza un dipendente con due mesi di cassa integrazione a zero ore, ad esempio, nel periodo tra aprile e maggio, la perdita della tredicesima ammonta 278 euro medi (il 16,6% dell’importo). Un dipendente con quattro mesi di cassa integrazione a zero ore sulla propria tredicesima si vedrà decurtati 556 euro medi (il 33,3% dell’importo); mentre con sei mesi di integrazione salariale a zero ore la decurtazione ammonta a 834 euro medi (il 49,9% del totale). Infine, se un dipendente è stato posto in cassa integrazione da aprile a dicembre, la decurtazione della sua tredicesima ammonterà a 1.503 euro medi (il 90 % del totale). «Nella riforma più complessiva degli ammortizzatori sociali – sottolinea la Uil occorre mettere mani al tema della revisione dei tetti massimi del sussidio della cassa integrazione fissati oggi per legge a 998,18 euro lordi mensili per retribuzioni inferiori o pari a 2.159,48 e a 1.199,72 per retribuzioni superiori a 2.159,48, la loro rivalutazione e la mancata maturazione dei ratei della tredicesima e quattordicesima mensilità.
Per la UIL la rivalutazione dei sussidi dovrebbe essere ancorata agli aumenti contrattuali e non soltanto al tasso di inflazione annua che, come noto, negli ultimi anni ha registrato indici pressoché pari allo zero». «E non sottovalutiamo – dice il segretario regionale della Uil Vincenzo Tortorelli – i segnali che ci arrivano dall’Istat: le ripetute flessioni congiunturali registrate tra marzo e giugno 2020 hanno fatto sì che, anche nel mese di ottobre 2020, l’occupazione continui a essere più bassa di quella registrata nello stesso mese del 2019 (-2%, pari a -473mila unità). La diminuzione coinvolge uomini e donne di qualsiasi età, dipendenti e autonomi, con l’unica eccezione degli occupati over50, che crescono di 45mila unità per effetto della componente demografica. Il tasso di occupazione scende, in un anno, di un punto. A ottobre 2020, le ore pro capite effettivamente lavorate, calcolate sul complesso degli occupati, sono pari a 35, livello di 0,8 ore inferiore a quello registrato a ottobre 2019; la differenza scende a 0,6 ore tra i dipendenti. Nell’arco dei dodici mesi, aumentano sia le persone in cerca di lavoro (+1,7%) sia gli inattivi tra i 15 e i 64 anni (+1,9%)». «La Uil – evidenzia Tortorelli – ha indicato un Piano che sia principalmente una grande manovra-ponte di sostegno ai soggetti sociali e alle famiglie colpite dalla crisi, che rinforzi la capacità reddituale, di consumo e bisogni essenziali delle famiglie e dei ceti in discesa sociale per i colpi della crisi. Un grande programma anticiclico regionale, finanziato da un Fondo Unico Anticrisi, approvvigionato con la riprogrammazione dei Fondi Ue 2014/20 residui non impegnati, con misure per le imprese e per le famiglie (anche sotto forma di contributi monetari diretti) selezionate in modo da essere incentrate su interventi di impatto diretto sul ciclo. Non chiediamo l’ennesimo Grande Piano di Spesa Pubblica disegnato a tavolino, da calare poi sui territori indipendentemente dal contesto e senza incorporare i saperi locali. Si tratta piuttosto di riequilibrare poteri e cambiare organizzazioni, e di modificare radicalmente come si fanno le cose e come si usano i poteri e denari pubblici».