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Ad un anno dalla tragedia di Lauria riportiamo le parole del padre di GIOVANNA

“Ma finché la politica del clientelismo incarica l’amico, non importa se capace o meno di fare un progetto, purché abbia in dote molti voti, e finché dà i lavori a ditte i cui titolari hanno una fedina penale degna dei peggiori delinquenti, fino a quel momento ci saranno ancora delle Giovanne che moriranno”

UN CASO ALLA VOLTA FINO ALLA FINE

LUCIA PASTORESSA : Vorrei condividere con tutti le parole pronunciate da mio padre DOMENICO ieri in chiesa, per Giovanna.

Dott.ssa GIOVANNA PASTORESSA

La funzione, officiata dai parroci Don Franco Alagia e Don Nicola Caino, ha visto la partecipazione commossa di parenti e amici della giovane, oltre a una nutrita schiera di cittadini laurioti.


DOMENICO PASTORESSA :

“È già passato un anno.
Voglio ringraziare tutte le persone che ci sono state vicino, che hanno saputo dirci la parola giusta al momento giusto, o hanno saputo semplicemente starci accanto senza parlare quando ce ne era bisogno, senza le quali sarebbe stato tutto molto più difficile.

Non sono qui per tessere le lodi di mia figlia, questo lo hanno fatto gli altri, in tanti.

Io sono qui per dire a tutti, perché tutti devono sapere, che Giovanna non è morta per una tromba d’aria.

Non ci sono state trombe d’aria, ma è morta per colpa dell’imperizia e della malafede di uomini senza scrupoli che hanno fatto errori giganteschi.
Uomini il cui unico scopo è quello di intascare soldi pubblici senza fare il proprio dovere.

Un tetto se ben costruito non può volare, a maggior ragione non avrebbe dovuto volare il tetto di un palazzetto comunale dove in caso di calamità trovano riparo le persone.

Ma finché la politica del clientelismo incarica l’amico, non importa se capace o meno di fare un progetto, purché abbia in dote molti voti, e finché dà i lavori a ditte i cui titolari hanno una fedina penale degna dei peggiori delinquenti, fino a quel momento ci saranno ancora delle Giovanne che moriranno.

Noi piangeremo ancora morti e altri genitori avranno le loro vite distrutte, scandite solamente da visite giornaliere al cimitero, perché quando muoiono i figli si muore insieme a loro.

Questo succede a Lauria, non stiamo parlando di altre regioni più famose per mafia o camorra. Ci indigniamo quando sentiamo parlare in televisione di disastri, come quello del ponte Morandi. Il ponte Morandi ce lo abbiamo in casa.

E noi cittadini cosa abbiamo fatto?
Che cosa dobbiamo fare?

Certo per me nulla sarà mai abbastanza, ma io credo che bisogna reagire a questa situazione.
Bisogna spezzare questa catena. Il mio è un invito all’onestà affinché non accadano più tragedie come questa.
Cominciamo a chiedere conto a chi ci governa di ciò che fa anziché chiedergli raccomandazioni, togliamo loro la linfa vitale.
Anche io ho alimentato questa cultura e me ne pento amaramente, non lo farò mai più. Invito tutti a fare altrettanto affinché la meritocrazia e la giustizia prevalgano.

Il potere e i soldi che insegue questa gente non hanno nessun valore, ma per capirlo avrebbero bisogno di emozioni forti che non auguro neanche a chi ha causato il nostro dolore più grande.
Il lavoro onesto, la famiglia e i figli: sono questi i veri valori.

Io credo nella giustizia divina, tuttavia su questa terra è in corso un processo che accerterà le responsabilità del disastro.
Io, Maria Cristina, Lucia e Giuseppe lotteremo in ogni sede, con tutte le nostre forze, fino alla fine dei nostri giorni per rendere giustizia a Giovanna, e preghiamo il Signore perché ci faccia vedere quel giorno.

Infine voglio ricordare un episodio che mi è capitato qualche settimana fa.
Ho incontrato un’anziana signora che non vedevo da tempo, la quale mi ha detto: l’ultima volta che ho visto Giovanna mi ha sorriso, mi ha fatto una carezza sulla guancia, e io mi sono sentita meglio.”  

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