EPPURE I NEGOZI DEI PAESI HANNO ANCORA UN FUTURO
Lettere lucane
Secondo Confcommercio alla fine del 2020 saranno circa 1.500 i negozi che chiuderanno nella provincia di Potenza. Su 100 comuni, quasi tutti piccoli, è una cifra enorme, che significa meno reddito pro capite, più consumo online, meno gettito fiscale, una crescente povertà urbanistica. Dietro a un negozio di paese ci sono tante storie, sopratutto di donne, perché in un paese le donne hanno poche occasioni professionali, e una di queste è proprio aprire un negozio. Il commercio online sta uccidendo velocemente il commercio dei negozi e delle commesse, perché acquistare su internet significa avere a disposizione un grande “store” mondiale che ti recapita a casa in poco tempo e a prezzi concorrenziali qualsiasi oggetto. Ma questo significa anche meno contatti, meno spostamenti, meno condivisione, meno socialità, meno confronto, e anche un impoverimento urbanistico, perché i negozi sono calore, sono luci, sono piccole case pubbliche dove ci si sente dire “buonasera” anche se nessuno ti conosce. So che sono controcorrente, ma io prevedo nei prossimi anni un exploit dei negozi, un ritorno al contatto diretto, ovviamente a condizione che i negozi tradizionali cambino. Infatti i negozi del futuro dovranno essere più cose insieme – punti di riferimento, luoghi commercialmente originali, luoghi di aggregazione, luoghi belli da vivere, luoghi dove poter avere più servizi, quelli telematici inclusi, ecc. – e provare a fare concorrenza al web su un terreno dove internet è perdente: quello del contatto sociale, della socialità, del calore umano. Personalmente farei centinaia di chilometri per trovare una bella libreria in un nostro paese, o un’edicola veramente originale (che magari vendesse vecchi giornali); una libreria dove sentirsi a casa, dove poter parlare, dove trovare calore. Ecco, il vero business del futuro per chi è piccolo è il calore.
