DEPOSITO NAZIONALE RIFIUTI RADIOATTIVI NESSUNO LO VUOLE, MA È INEVITABILE
Con la pubblicazione della Carta delle aree idonee, al via la battaglia tecnica tra le Regioni: l’Ue osserva l’Italia e le sanzioni sono dietro l’angolo
Con consequenzialità rispetto al nulla osta del Ministero dell’Ambiente, la Sogin, società dello Stato italiano, ha pubblicato la Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi) ad accogliere il denominato deposito unico dei rifiuti nucleari a bassa e media attività. In tutto 67 le zone indicate. Tra queste 17 ricadono nella macro area Basilicata-Puglia e più precisamente nei territori delle province di Potenza, Matera, Bari, Taranto, interessando i comuni di Genzano, Irsina, Acerenza, Oppido Lucano, Gravina, Altamura, Matera, Laterza, Bernalda, Montalbano, Montescaglioso. Tre le regioni che in questa corsa che teoricamente tutti vorrebbero perdere si giocano il gradino più alto del podio: Basilicata, Piemonte e Lazio. Ci sono però, al di là delle impulsive esternazione politiche, non pochi e non irrilevanti distinguo. Sul fronte lucano, restando nel perimetro della politica, pochissimi hanno colto il nocciolo della questione: tra questi il ministro Speranza e il Sottosegretario Margiotta. Ad ogni modo, in Basilicata immediati e forti si sono sollevati i cori di protesta al grido di “Scanzano 2”, in memoria della lotta compiuta 17 anni fa contro la scelta, sempre in materia di rifiuti nucleari, dell’allora Governo Berlusconi, e così anche nel resto d’Italia: nessuno vuole la “discarica radioattiva”.
La Sogin, però, la mappa delle aree potenzialmente idonee doveva pur pubblicarla. Il lavoro è durato anni e i 25 criteri per l’individuazione delle zone sono stati stabiliti dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale nel 2014. Risale, invece, addirittura al 2010, il decreto legislativo, invece, che prevedeva che la Sogin, tenendo conto dei criteri indicati dall’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (Iaea) e dall’Isin, avrebbe dovuto definire una proposta di Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi) alla localizzazione del Parco Tecnologico ospitante il deposito nazionale di rifiuti nucleare. La Cnapi, in definitiva, rappresenta un passaggio più che necessario. Ogni Stato membro dell’Europa deve gestire le scorie radiottive che produce e non casualmente, dati i ritardi italiani, a fine ottobre la Commissione Ue ha aperto una procedura di infrazione. Si prevede che qualora entro il 2025 la pratica non sia chiusa, Deposito e Parco realizzato, le penali saranno da capogiro. Come da precisazioni della Commissione Ue, i rifiuti radioattivi «derivano dalla produzione di energia elettrica in centrali nucleari, ma anche dall’uso di materiali radioattivi per scopi non legati alla produzione di energia elettrica, tra cui scopi medici, di ricerca, industriali e agricoli».
Tutti gli Stati membri, pertanto, producono rifiuti radioattivi. L’Unione europea, attraverso l’Euratom, con la Direttiva europea 2011-70 aveva imposto ai Paesi membri di presentare entro agosto 2015 un programma per la gestione dei rifiuti radioattivi, comprensivo dei depositi. Questi e tanti altri elementi ancora rappresentano tutte direttrici convergenti verso un’unica conclusione: l’Italia non può fare a meno di realizzare il deposito nazionale di rifiuti nucleari. Al momento nessuno, però, lo vuole anche se non sono esclusi colpi di scena: la movimentazione economica che verrà originata è di quelle importante. Qualche “zona potenzialmente idonea”, potrebbe anche cambiare idea. In ogni caso, in questa gara che ogni regione sembra voler perdere, una dato è inequivocabile: non può, la tematica ambientale è di quelle dalla massima priorità, che vincere il migliore.