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Proposta di Carta Nazionale delle Aree Poten​zialmente Idonee

La proposta di Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee (CNAPI) costituisce il primo passo di un percorso condiviso e partecipato che porterà a individuare il sito dove realizzare il Deposito Nazionale e Parco Tecnologico

UN CASO ALLA VOLTA FINO ALLA FINE, per una corretta informazione : Che cos’è il Deposito Nazionale?​
  

Sarà un’infrastruttura ambientale di superficie che permetterà di sistemare definitivamente in sicurezza i rifiuti radioattivi, oggi stoccati all’interno di decine di depositi temporanei presenti nel Paese, prodotti dall’esercizio e dallo smantellamento degli impianti nucleari e dalle quotidiane attività di medicina nucleare, industria e ricerca. 
 
Il Deposito Nazionale sarà costituito dalle strutture per lo smaltimento dei rifiuti radioattivi a molto bassa e bassa attività e da quelle per lo stoccaggio dei rifiuti radioattivi a media e alta attività, che dovranno essere successivamente trasferiti in un deposito geologico idoneo alla loro sistemazione definitiva. 
 
Insieme al Deposito Nazionale verrà realizzato il Parco Tecnologico, centro di ricerca applicata e di formazione nel campo del decommissioning nucleare, della gestione dei rifiuti radioattivi e della radioprotezione, oltre che della salvaguardia ambientale.
Il Parco Tecnologico rappresenterà una reale integrazione con il sistema economico e di ricerca, contribuendo ulteriormente allo sviluppo sostenibile del territorio nel quale sorgerà. 
 
Il Deposito Nazionale sarà integrato con il territorio, anche dal punto di vista paesaggistico.
Infatti, una volta completato il riempimento, sarà ricoperto da una collina artificiale, realizzata con materiali impermeabili, che costituirà un’ulteriore protezione, prevenendo anche eventuali infiltrazioni d’acqua.
Tale copertura armonizzerà anche visivamente il Deposito con l’ambiente circostante, mediante un manto erboso
Che superficie occuperà?

Il Deposito Nazionale e Parco Tecnologico sarà costruito all’interno di un’area di circa 150 ettari, di cui 110 dedicati al Deposito e 40 al Parco Tecnologico

Quali caratteristiche tecniche avrà?
Il Deposito Nazionale sarà costituito da una struttura con barriere ingegneristiche e barriere naturali poste in serie per il contenimento della radioattività, progettata sulla base delle migliori esperienze internazionali e secondo gli standard IAEA (International Atomic Energy Agency) e dell’ente di controllo ISIN.
Le barriere ingegneristiche di protezione saranno realizzate con specifici conglomerati cementizi armati, garantiti per confinare la radioattività dei rifiuti per il tempo necessario al suo decadimento a livelli paragonabili agli intervalli di variazione della radioattività ambientale. 
 
Nel dettaglio, all’interno di 90 costruzioni in calcestruzzo armato, dette celle, verranno collocati grandi contenitori in calcestruzzo speciale, i moduli, che racchiuderanno a loro volta i contenitori metallici con i rifiuti radioattivi già condizionati, detti manufatti.
Nelle celle verranno sistemati definitivamente circa 78.000 metri cubi di rifiuti a molto bassa e bassa attività.
Una volta completato il riempimento, le celle saranno ricoperte da una collina artificiale di materiali inerti e impermeabili, che rappresenterà un’ulteriore protezione e permetterà un’armonizzazione dell’infrastruttura con l’ambiente circostante. 
 
In un’apposita area del deposito, sarà realizzato un complesso di edifici idoneo allo stoccaggio di lungo periodo di circa 17.000 metri cubi di rifiuti a media e alta attività, che resteranno temporaneamente al Deposito, per poi essere sistemati definitivamente in un deposito geologico
 
Le barriere ingegneristiche del Deposito Nazionale e le caratteristiche del sito dove sarà realizzato garantiranno l’isolamento dei rifiuti radioattivi dall’ambiente per oltre 300 anni, fino al loro decadimento a livelli tali da risultare trascurabili per la salute dell’uomo e l’ambiente.
Il manufatto (prima barriera)
I manufatti sono le strutture, a forma cilindrica o di parallelepipedo, costituite da contenitori metallici e dai rifiuti radioattivi al loro interno, già condizionati in una forma solida.
La stabilità chimica e fisica consente al manufatto di essere movimentato e trasportato in sicurezza. 
 
I rifiuti radioattivi a molto bassa e bassa attività arriveranno al Deposito Nazionale già in questa forma, che rappresenta la prima barriera.
I manufatti verranno poi collocati all’interno di moduli in calcestruzzo speciale (seconda barriera).
Il modulo (seconda barriera)
I moduli, strutture a forma di parallelepipedo (3 m x 2 m x 1,7 m) in calcestruzzo speciale, armato o fibrorinforzato, assicurano la loro resistenza per oltre 350 anni. 
 
Rappresentano la seconda barriera del Deposito Nazionale: al loro interno verranno collocati i manufatti (cilindrici o a forma di parallelepipedo) di rifiuti radioattivi a molto bassa e bassa attività, poi cementati tra loro con una malta speciale.
Un coperchio, anch’esso in calcestruzzo speciale, sigillerà il modulo prima che esso venga disposto nella cella.
La cella (terza barriera)
Le celle sono gli edifici in calcestruzzo armato speciale (27m x 15,5 m x 10 m), progettate per resistere per almeno 350 anni, dove verranno sistemati definitivamente i rifiuti radioattivi. 
 
All’interno del Deposito Nazionale verranno costruite 90 celle, organizzate in file accostate, che delineano l’effettiva area in cui sistemare definitivamente i rifiuti radioattivi. 
 
La cella rappresenta la terza barriera di protezione: al suo interno verranno collocati i contenitori in calcestruzzo speciale (moduli) che, a loro volta, conterranno i rifiuti condizionati con malta cementizia (manufatti).
Completato il riempimento di tutte le celle, queste verranno ricoperte da una collina multistrato.
La collina multistrato (quarta barriera)
La collina multistrato, quarta barriera all’interno del Deposito Nazionale, è una struttura artificiale disposta a copertura delle celle. 
 
Viene realizzata con strati di diversi materiali, per uno spessore complessivo di qualche metro, allo scopo di impedire l’ingresso di acqua nel deposito, drenare le acque piovane, isolare i rifiuti dall’ambiente e migliorare l’impatto visivo della struttura. 
 
Il Deposito Nazionale, terminata la sua capacità recettiva, verrà chiuso ed entrerà nell’esercizio di solo monitoraggio (fase di controllo istituzionale), della durata di almeno 300 anni, per poi essere rilasciato privo di vincoli di natura radiologica.
Proposta di Carta Nazionale delle Aree Poten​zialmente Idonee
[art. 27, co. 1 del D.lgs. 31/2010] 
La proposta di Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee (CNAPI) costituisce il primo passo di un percorso condiviso e partecipato che porterà a individuare il sito dove realizzare il Deposito Nazionale e Parco Tecnologico. 
Elaborata da Sogin, la proposta di CNAPI è stata validata da ISIN e successivamente dai Ministeri dello Sviluppo Economico e dell’Ambiente.
La sua pubblicazione, autorizzata con nulla osta ministeriale del 30/12/2020, insieme a quella del Progetto preliminare del Deposito Nazionale e Parco Tecnologico, apre la fase di consultazione pubblica. 
Rappresentazione grafica sintetica delle aree potenzialmente idonee individuate nella CNAPI
Come stabilito dall’art. 27 del D.lgs. 31/2010, la CNAPI individua le aree le cui caratteristiche soddisfano sia i criteri di localizzazione definiti da ISPRA (oggi ISIN) nella Guida Tecnica n. 29​, che i requisiti indicati nelle Linee Guida IAEA (International Atomic Energy Agency). 
Secondo quanto riportato nella Guida Tecnica n. 29, “per aree potenzialmente idonee si intendono le aree, anche vaste, che presentano caratteristiche favorevoli alla individuazione di siti in grado di risultare idonei alla localizzazione del deposito attraverso successive indagini tecniche specifiche e sulla base degli esiti di analisi di sicurezza condotte tenendo conto delle caratteristiche progettuali della struttura del deposito”. 
Sogin ha elaborato la proposta di CNAPI adottando, per l’analisi di una vastissima raccolta di dati territoriali​una procedura ​che ha consentito di applicare i criteri indicati nella Guida Tecnica n. 29 e così di escludere progressivamente le aree non potenzialmente idonee. 
Per ciascuna delle aree potenzialmente idonee oggi individuate nella Carta è disponibile una relazione sulle caratteristiche geologiche, naturalistiche e antropiche a scala regionale.
Come previsto dal Decreto, è stata proposta una classificazione in gruppi delle aree individuate in base alle caratteristiche di idoneità riscontrate.
La proposta di CNAPI è presentata in una versione interattiva e navigabile che consente di visualizzare le aree potenzialmente idonee, l’estensione del territorio escluso per ciascun criterio e l’effetto della sovrapposizione dei criteri. 
Sono, inoltre, disponibili le tavole in formato .pdf/A

Progetto Preliminare

[art. 27, comma 2 del D.lgs. 31/2010] 

 
Il Progetto preliminare del Deposito Nazionale e Parco Tecnologico (DNPT) definisce, come previsto dal D.lgs. 31/2010, le caratteristiche qualitative e funzionali che garantiscono una realizzazione ottimale dell’infrastruttura in termini di operatività, dimensionamento, capacità e sicurezza.
Le relazioni tecnico-illustrative e gli elaborati grafici descrivono il Progetto evidenziandone gli elementi più significativi, quali:

Non essendo noto il sito che sarà scelto per realizzare il Deposito, il Progetto preliminare è stato elaborato senza tenere conto dei vincoli che deriveranno dalle particolarità del sito stesso.

Tuttavia, tale proposta è sufficientemente flessibile per poter essere adattata non solo alle specifiche caratteristiche del sito idoneo, ma anche alle esigenze del territorio che si candiderà per ospitare il Deposito.

Nota generale in merito alla Classificazione dei rifiuti radioattivi​​

Nei documenti del Progetto Preliminare si utilizza la classificazione indicata nel Decreto Legislativo n. 31 del 15 febbraio 2010.
Il Decreto, nel regolare la realizzazione del Parco Tecnologico e, in particolare, del Deposito Nazionale e delle strutture tecnologiche di supporto ad esso (Titolo III – Art. 25, comma 3), fa riferimento alla classificazione dei rifiuti radioattivi allora vigente (ex Guida Tecnica n. 26 ENEA-DISP) e, al Titolo I – Art. 2, punto i), articola che “Deposito Nazionale è il deposito nazionale destinato allo smaltimento a titolo definitivo dei rifiuti radioattivi a bassa e media attività … e all’immagazzinamento, a titolo provvisorio di lunga durata, dei rifiuti ad alta attività e del combustibile irraggiato…”. Successivamente, con Decreto Ministeriale 7 agosto 2015 “Classificazione dei rifiuti radioattivi, ai sensi dell’Art. 5 del Decreto Legislativo 4 marzo 2014 n. 45” la classificazione nazionale dei rifiuti radioattivi è stata modificata, adeguandola agli standard europei.

Pertanto, allo stato attuale, riguardo al Deposito Nazionale di fattispecie, leggasi “smaltimento dei rifiuti radioattivi a molto bassa e bassa attività (VLLW-Very Low Level Waste e LLW-Low Level Waste) e stoccaggio-immagazzinamento a titolo provvisorio di lunga durata dei rifiuti radioattivi a media e alta attività (ILW-Intermediate Level Waste e HLW-High Level Waste).​

Perché è necessario?

Il Deposito Nazionale è necessario per smaltire i rifiuti radioattivi a molto bassa e bassa attività, attualmente stoccati in depositi temporanei, presenti nei siti degli impianti nucleari disattivati, dove Sogin sta portando avanti le attività di mantenimento in sicurezza e decommissioning. Al Deposito Nazionale confluiranno anche i rifiuti attualmente stoccati in depositi temporanei non gestiti da Sogin, che provengono da fonte non energetica, ossia quelli derivanti dalla ricerca, dall’industria e dalla medicina nucleare, che continuano inevitabilmente ad essere prodotti anche in Italia, come in tutti gli altri Paesi evoluti. 

Oggi, al contrario di quanto accade all’estero, non esiste ancora in Italia una struttura centralizzata in cui sistemare in modo definitivo i rifiuti radioattivi.
La sua disponibilità permetterà di smaltire definitivamente tutti i rifiuti radioattivi italiani e di completare il decommissioning degli impianti nucleari così da poter restituire i siti che li ospitano privi di vincoli radiologici. 

La realizzazione del Deposito Nazionale non solo consentirà all’Italia di allinearsi a quei Paesi che da tempo hanno in esercizio sul proprio territorio depositi analoghi, o che li stanno costruendo, rispettando così gli impegni etico-politici nei confronti dell’Unione Europea, ma anche di valorizzare a livello internazionale il know-how acquisito. 

Il progetto comprende anche la realizzazione di un Parco Tecnologico, le cui attività, tra le altre cose, stimoleranno la ricerca e l’innovazione nei settori dello smantellamento degli impianti nucleari e della gestione dei rifiuti radioattivi, creando nuove opportunità per professionalità di eccellenza. ​​

Perché va costruito in Italia?

L’Unione Europea (articolo 4 della Direttiva 2011/70) prevede che la sistemazione definitiva dei rifiuti radioattivi avvenga nello Stato membro in cui sono stati generati. 

La maggior parte dei Paesi europei si è dotata o si sta dotando di depositi per mettere in sicurezza i propri rifiuti a molto bassa e bassa attività. 

Per sistemare definitivamente i rifiuti a media e alta attività, alcuni Paesi europei, tra cui l’Italia, hanno la possibilità di studiare la localizzazione di un deposito profondo (geologico) comune in Europa allo scopo di fruire dei potenziali vantaggi di una soluzione ottimizzata in termini di quantità di rifiuti, costi e tempi di realizzazione, così come prospettato dalla Direttiva EURATOM 2011/70. .

Perché non smaltire i rifiuti radioattivi nei depositi già esistenti negli impianti nucleari?

Né i depositi temporanei né i siti che li ospitano sono idonei alla sistemazione definitiva dei rifiuti radioattivi. Infatti i depositi temporanei presenti nelle installazioni nucleari italiane attualmente in fase di smantellamento, sono strutture con una vita di progetto di circa 50 anni, in conformità alla specifica normativa tecnica nazionale ed internazionale in materia, volta alla garanzia della sicurezza dei depositi stessi, riguardo ai lavoratori, alla popolazione e all’ambiente. Tali depositi sono sottoposti a dei periodici interventi di manutenzione e al termine della vita di progetto è programmata una rivalorizzazione di adeguamento generale. Progressivamente stanno esaurendo le loro capacità ricettive e in un futuro prossimo dovranno essere, oltre che costantemente mantenuti a norma, ampliati o raddoppiati. 

Per lo smaltimento definitivo è necessario un deposito dotato di barriere ingegneristiche che congiuntamente alle caratteristiche del sito potenzialmete idoneo (definite dai Criteri di localizzazione indicati nella Guida Tecnica n. 29) possano garantire l’isolamento dei rifiuti radioattivi dall’ambiente fino al decadimento della radioattività a livelli tali da risultare trascurabili per la salute dell’uomo e per l’ambiente. ​​

Perché serve al settore sanitario, all’industria e alla ricerca?

Il settore sanitario produce rifiuti radioattivi nell’ambito della diagnostica, della terapia e della ricerca medica.
La maggior parte di questi rifiuti radioattivi, quelli a vita molto breve, dopo lo stoccaggio in depositi temporanei (per mesi o al massimo pochi anni), saranno smaltiti come rifiuti convenzionali, in quanto non rappresenteranno più un rischio dal punto di vista radiologico. 

La restante parte, costituita dai rifiuti a molto bassa, bassa, media e alta attività sarà conferita invece al Deposito Nazionale. 

In diverse attività industriali si utilizzano sorgenti radioattive sigillate, cioè materie radioattive racchiuse in un involucro protettivo, le cui radiazioni vengono impiegate, ad esempio, per verificare le saldature e ricercare i difetti in componenti meccanici, per sterilizzare alimenti, per misurare spessori, per calibrare strumenti e per il bilanciamento di superfici mobili. 

Queste sorgenti, prevalentemente Cobalto 60 e Cesio 137, trovano applicazione in genere nell’industria cartaria, alimentare, automobilistica e aeronautica.
Con la progressiva usura, non essendo più efficienti per gli scopi indicati, devono essere gestite e poi smaltite come rifiuti radioattivi. 

In diversi settori della ricerca si utilizzano materiali radioattivi, principalmente: fosforo (P-32 e P-33), zolfo (S-35), trizio (H-3), carbonio (C-14), iodio (I-123), in forma non sigillata. 

In particolare, nel settore biomolecolare, tali radioisotopi sono impiegati in operazioni, utili alla sperimentazione di nuovi processi, quali:

  • iodinazione di proteine e di cellule
  • prelievi eluati incubazione di tessuti in vitro mediante l’impiego di radioisotopi a vita media lunga (H-3 e C-14)
  • marcatura di proteine con amminoacidi e di cellule in coltura (S-35, H-3 e C-14)
  • marcatura di costituenti cellulari con Fosforo 32 (acidi nucleici e proteine)
  • elettroforesi su gel di poliacrilammide con l’impiego di nucleotidi marcati con P-32, S-35, H-3 e C-14
  • incorporazione di amminoacidi in proteine di cellule di microorganismi
  • Nel settore ambientale, per esempio, vengono svolte attività di radioanalisi con il carbonio, consistenti nella determinazione dell’attività di fotosintesi di microorganismi marini e lacustri prelevati a varie profondità nei mari e nei laghi.

Nel settore della ricerca biologica e biomedica, per esempio, vengono effettuate marcature di molecole organiche per la determinazione della loro presenza in cellule o in specifici substrati biologici.

Per ulteriori approfondimenti

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