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SE ANCHE IN BASILICATA L’ECONOMIA DIVENTA DI STATO

Lettere lucane

In qualche misura sono anch’io contento che la Regione Basilicata, su proposta dell’assessore alle attività produttive Cupparo, abbia incrementato di 6,2 milioni – portandolo complessivamente a 15 milioni – il fondo “Piccoli prestiti per il sostegno e il rafforzamento delle micro-imprese lucane”. In pratica si tratta di una dotazione finanziaria pubblica – gestita da Sviluppo Basilicata, di cui è amministratrice unica Gabriella Megale – che ha come scopo quello di fare prestiti alle piccole aziende e ai professionisti colpiti dalla crisi economica. Ripeto, so che questi soldi daranno ossigeno ad aziende e a famiglie in difficoltà, e dunque sono umanamente felice di questa decisione. Eppure sono sempre più perplesso di fronte a queste politiche pubbliche sempre più orientate a intervenire direttamente o indirettamente nell’economia. Personalmente ritengo che lo Stato in tutte le sue declinazioni debba avere come obiettivo quello di favorire le condizioni per uno sviluppo economico diffuso: infrastrutture moderne, fisco equo, giustizia certa, burocrazia funzionante, costo del lavoro ragionevole, sicurezza territoriale, ecc.

Invece sta sempre di più emergendo un protagonismo diretto da parte dello Stato, che è tornato a finanziare direttamente le imprese, a sostituirsi alle banche, a entrare nella proprietà di grandi asse industriali del Paese (si pensi all’ingresso in Arcelor Mittal tramite Invitalia). Nel breve periodo quest’abbraccio statale darà sollievo – o “ristoro”, come ormai si dice con brutta parola paternalistica – alle imprese e al mercato del lavoro; ma sulla lunga distanza quest’interventismo statale determinerà nei soggetti economici passati sotto l’influenza pubblica pigrizia strategica, sindacalizzazione parassitaria, incapacità di reagire ai cambiamenti del mercato e, sopratutto, sudditanza politica.

diconsoli@lecronache.info

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