La cricca delle erinni colpisce ancora: il clan delle odiatrici seriali molesta le madri in lutto
Sono diverse le Procure d’Italia (non ultima la quella di Napoli) che sono state interessate affinché il clan degli odiatori seriali sia assicurato alla Giustizia e si scongiuri la concreta possibilità che qualcuno possa rimetterci la vita (un incidente, un malore, un agguato da parte di qualche soggetto autonomo che si emuli per la “causa”, un suicidio, non sono da escludersi in un contesto tanto malsano, feroce, crudele e di istigazione a delinquere)
UN CASO ALLA VOLTA FINO ALLA FINE
La cricca delle erinni colpisce ancora: il clan delle odiatrici seriali molesta le madri in lutto
A cura di: Dr.ssa Elisabetta Sionis, criminologo clinico esperto in psicologia giuridica, già magistrato onorario presso il Tribunale per i minorenni di Cagliari.
Avevo circa cinque anni, quando mi sono imbattuta per la prima volta in un influencer
Davanti ad un imponente nuraghe che sovrastava una verde collina, un cane da pastore di media taglia, correva avanti e indietro come un forsennato e guaiva nel farlocco tentativo di imitare un ululato.
Un centinaio di pecore, ubriacate dal suo vociare e stordite dalla sua incontenibile danza di accerchiamento, lasciati i teneri ciuffi di prelibate erbette, si compattava in un improbabile groviglio lanuginoso: il gregge, animato da sguardi e lamenti tutti uguali, si dirigeva verso quella che il cane aveva loro indicato come unica via da percorrere.
Il plotone belante, obbediva senza replicare al potere esercitato dal piccolo quadrupede rauco e sgraziato e, quando qualche imbranato deviante accennava un timido tentativo di allontanamento, la ridondante sequenza canina lo riportava all’interno dell’nvisibile perimetro.
Da quella bella giornata campestre sono trascorse molte primavere e oggi constato che quella arcaica dinamica comunicativa è molto di moda tra certi umani e pare che, per alcuni, frutti pure sfavillanti guadagni.
Naturalmente, come per tutti gli aspetti della vita, lo stesso fenomeno presenta contemporaneamente aspetti di luce e ombre, ma è su queste ultime che vorrei si soffermasse la vostra attenzione.
Da oltre tre anni studio il comportamento virtuale di un nutrito gruppo coeso, che si muove all’unisono su più fronti online.
Si tratta di un vero e proprio clan, costituito prevalentemente da donne e si avvale della “collaborazione” di bassa manovalanza delinquenziale e di uno stuolo di fake al fine di dileggiare e vessare la vittima prescelta dai capobranco.
Nello squallido mirino di questi soggetti, sono finite direttamente o indirettamente anche alcune madri che hanno tragicamente perso i loro figli.
Da Agosto 2020, la signora Maria Teresa Giglio, madre di Tiziana Cantone, è vittima del branco di haters sulla piattaforma social.
L’accanimento si è inasprito durante quest’ultima settimana, in seguito all’annuncio di una imminente apertura di indagine per omicidio a carico di ignoti.
Nei siti dedicati al linciaggio delle vittime di turno, gli haters hanno inveito senza alcuna pietà contro la memoria della povera Tiziana e hanno pesantemente schernito la madre, apostrofata “La Moira degli elefanti”, “la sindaca di Troia”, “una con il senso di colpa per non aver educato bene la figlia e in cerca di un colpevole per lavarsi la coscienza”, “persona delirante e farneticante che si avvale della collaborazione di un team di truffaldini” “quella che tanto la figlia che era nei video è la sua”
Beffardi e con la tracotanza di chi si sente impunito, hanno lanciato il guanto di sfida alla signora Giglio mentre con toni di scherno provocatorio la sollecitano a denunciarli.
Ieri, inoltre, in una delle tante interlocuzioni tra account falsi, un fake (da me stessa più volte denunciato alla Autorità Giudiziaria) ha auspicato che la signora Giglio faccia la fine della signora Roberta Mamusa, madre di Manuel Piredda.
Quest’ultima è stata massacrata mediaticamente soprattutto dal prefato branco, con un pressante stillicidio di insulti durato quasi quattro anni (anche contro il figlio morto) e minacce che hanno contribuito ad aggravare il suo stato di salute psicofisica e sono state determinanti nella drammatica scelta di tentare il suicidio.
Il branco, non appena ha appreso che la signora Roberta Mamusa fosse in coma, presso il reparto di rianimazione, ha creato dei post con delle meme in cui le sguaiate festeggiavano le loro goliardiche cattiverie e qualcuno, in altri siti, ha suggerito che “sarebbe stato certamente più efficace se si fosse lanciata da una altezza di ottanta metri così da garantirne la morte”.
Il clan delle erinni da mesi attacca chiunque si dica favorevole ad un approfondimento delle indagini sulle cause di morte di Viviana Parisi e del suo piccolo Gioele e molesta incessantemente chi si esprime con cautela e censura le affrettate conclusioni “investigative” dei numerosi opinionisti che antepongono le loro verità ed intuizioni alle risultanze scientifiche non ancora giunte.
Il team difensivo della famiglia Mondello viene dileggiato e sbeffeggiato senza sosta.
Il branco da mesi schernisce e diffama anche il team americano di esperti (EMME Team) che ha affiancato la famiglia di Marco Vannini e la madre di Tiziana Cantone.
E, invero, mentre nessun insulto viene risparmiato per alcuni defunti, per i loro familiari e per i rispettivi pool difensivi, la claque odiatrice esprime stonate note di empatia per i responsabili della morte di Marco Vannini, a sentir loro,” vittime di una sentenza troppo severa e di atteggiamenti incivili da parte della popolazione che si unisce alla richiesta di Giustizia dei signori Marina e Valerio Vannini”
Il branco non si spiega come mai la madre di Marco si sia rifiutata di confrontarsi con uno dei carnefici del figlio.
Sono diverse le Procure d’Italia (non ultima la quella di Napoli) che sono state interessate affinché il clan degli odiatori seriali sia assicurato alla Giustizia e si scongiuri la concreta possibilità che qualcuno possa rimetterci la vita (un incidente, un malore, un agguato da parte di qualche soggetto autonomo che si emuli per la “causa”, un suicidio, non sono da escludersi in un contesto tanto malsano, feroce, crudele e di istigazione a delinquere).
Auspico che questa volta a servire le pizze, dai covi di periferia ai super attici de “la grande bellezza”, sia la Procura di Napoli nord e che il manicaretto partenopeo, prima di essere confezionato, sia ben farcito con quelle bufale trite, ritrite e propalate dalle operose scimmie volanti del dileggio al servigio dei mica tanto occulti straccioni della gogna.