NEL 2020 IN BASILICATA 562 DENUNCE DI INFORTUNIO SUL LAVORO DA COVID-19
La sollecitazione di Tortorelli, Uil: «Verificare lo stato di attuazione dei protocolli anti-contagio in tutti i posti di lavoro e istituire un Osservatorio»
«I dati dell’Inail sulle denunce di infortunio sul lavoro da Covid, che registrano in Basilicata 562 casi (436 in provincia di Potenza e 126 in quella di Matera) nel 2020, anche se a differenza di altre regioni del Paese non ci sono stati eventi mortali, destano preoccupazione e richiamano una maggiore attenzione sui temi della prevenzione del contagio nei posti di lavoro».
È il commento del segretario regionale Uil Vincenzo Tortorelli che propone l’istituzione di un Osservatorio regionale specifico con rappresentanti Inail, Asp, Regione, imprese, sindacati ed esperti. Altro tema sollevato: la sorveglianza sanitaria per i lavoratori che hanno contratto il contagio sul posto di lavoro attualmente affidata al medico di famiglia. Gli indicatori statistici su cui riflettere.
A dicembre 2020, rispetto alla data di rilevazione del 30 novembre, le denunce di infortunio sul lavoro da Covid-19 sono aumentate di 192 casi (+51,9%), di cui 117 avvenuti a dicembre, 77 a novembre e i restanti riconducibili a mesi precedenti. Il notevole aumento ha interessato entrambe le province, ma in particolare quella di Potenza. L’analisi nella regione per mese dell’evento individua novembre come il mese più critico per le denunce, concentrando quasi la metà (48,8%) dei 562 casi pervenuti dall’inizio dell’epidemia, seguito da dicembre e ottobre.
L’andamento regionale dei contagi denunciati è analogo a quello nazionale ma ne differisce per intensità: inferiore alla media italiana in occasione della prima ondata, superiore nella seconda. Le professioni – tra i tecnici della salute l’82,0% sono infermieri, seguono fisioterapisti (6,2%) e assistenti sanitari (4,5%); – tra i medici quasi il 50% è composta da medici internisti, cardiologi, generici e geriatri; – tra le professioni qualificate nei servizi sanitari e sociali, tutti operatori socio sanitari; – tra il personale non qualificato nei servizi di istruzione e sanitari, ausiliari ospedalieri e portantini; – tra gli impiegati, prevalentemente amministrativi; – tra le professioni qualificate nei servizi personali ed assimilati, gli operatori socioassistenziali; tra il personale non qualificato nei servizi di pulizia di uffici, alberghi, ristoranti, aree pubbliche e veicoli, prevalentemente addetti alle pulizie delle camere.
L’attività economica – la gestione Industria e servizi registra il 93,6% delle denunce, seguono la gestione per Conto dello Stato (3,9%) e l’Agricoltura (2,5%); – il 71,9% delle denunce codificate per attività economica (Ateco) riguarda i settori della “Sanità e assistenza sociale” (54,5% delle denunce) e degli organi preposti alla sanità, come le Asl, dell’”Amministrazione pubblica” (17,4%); – le “Attività manifatturiere”, settore ampio e articolato, contano per il 7,3%, così come il “Trasporto e magazzinaggio” dove risultano colpiti i lavoratori dei servizi postali e di corriere. «C’è bisogno – sottolinea Tortorelli – di una verifica dello stato di attuazione dei protocolli anti-contagio su ogni posto di lavoro e contestualmente una verifica sul cronoprogramma vaccinazione tra i lavoratori – in primo luogo del comparto sanità ma anche servizi pubblici – più esposti al rischio Covid 19.
Se infatti sono oramai tristemente noti i decessi nei settori dove le lavoratrici e i lavoratori ed operatori sanitari, lasciano invece alquanto perplessi i numeri sui decessi denunciati in quei settori dell’industria e dei servizi dove l’effetto Covid avrebbe dovuto essere quanto meno “mitigato” dalla corretta applicazione dei protocolli di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro. Cosa non ha funzionato?»