IL DOLORE DI DIRE “NO” AL BISOGNO DI UN FIGLIO
lettere lucane
Pochi lo ricordano, ma quando nel 2003 Gabriele Salvatores girò in Basilicata “Io non ho paura” fu una grande festa; non solo, ma quel film fissava per sempre, cinematograficamente, un certo paesaggio lucano. Ho ripensato alla fotografia di quel film guardando in anteprima il cortometraggio “L’acchiappavento” del regista Carlos Solito, artista pugliese che vive in Irpinia e che spesso ambienta i suoi lavori in Basilicata. Il film, girato sulla collina materana, è finalista nella sezione “School Experience” del Giffoni Film Festival, uno dei Festival cinematografici italiani più seri e prestigiosi. La trama è molto bella: è la storia di un bambino sordomuto che riesce, anche grazie a un padre un po’ sfruttatore e privo di mezzi, a diventare un grande suonatore di organetto. Il momento per me più emozionante è quando il bambino si fa rubare da alcuni ragazzi prepotenti le protesi acustiche. A quel punto torna di corsa dal padre, che si arrabbia; ma subito dopo gli chiede – e lo scrive su una lavagnetta – se può averne di nuove, ma il padre gli fa segno con un gesto inequivocabile delle dita che non è possibile, perché non ci sono i soldi. Ovviamente ho ripensato subito, mutatis mutandis, al racconto “Un paio di occhiali” de “Il mare non bagna Napoli” di Anna Maria Ortese. Mi sono emozionato, probabilmente, perché a mio avviso non c’è cosa più brutta che dire “no” a un figlio che ha bisogno di qualcosa – di un vestito, di un pezzo di pane, di una medicina, ecc. E la storia e il presente sono pieni di questi dinieghi, di queste spalle scrollate con desolazione. Ecco, a quel punto del film mi si è accesa una lampadina, e all’improvviso mi è stato di nuovo chiaro perché abbiamo abbracciato il benessere economico che così tante anime belle contestano con ideologica indignazione: per dire il minor numero possibile di “no” ai nostri figli.