Chi erano tre vittime dell’attentato in Congo?
Sono morti ieri mentre – metaforicamente parlando – portavano il pane, erano due italiani e un congolese, attaccati sulla strada che li avrebbe portati a visitare una scuola finanziata e gestita dal World Food Program, il programma alimentare mondiale, quello che si occupa di portare appunto cibo nei luoghi più poveri e devastati della terra
Attacco a Goma, bandiere a mezz’asta in segno di lutto
La Presidenza del Consiglio dei Ministri ha disposto, per la giornata di oggi e di domani, l’esposizione a mezz’asta della bandiera italiana e della bandiera europea sugli edifici pubblici degli Organi Costituzionali e dei Ministeri, in segno di lutto
UN MINUTO DI SILENZIO ALLA CAMERA
Chi erano tre vittime dell’attentato in Congo?
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Un omaggio all’Ambasciatore Luca Attanasi, al Carabiniere Vittorio Iacovacci e all’autista Mustapha Milambo morti di una violenza insensata sulla strada verso Goma
Sono morti ieri mentre – metaforicamente parlando – portavano il pane, erano due italiani e un congolese, attaccati sulla strada che li avrebbe portati a visitare una scuola finanziata e gestita dal World Food Program, il programma alimentare mondiale, quello che si occupa di portare appunto cibo nei luoghi più poveri e devastati della terra. I tre erano molto diversi ma tutti e tre lavoravano per le istituzioni, al servizio delle persone, parliamo naturalmente di Luca Attanasi, il giovane e brillante diplomatico che aveva l’Africa nel cuore, del carabiniere Vittorio Iacovacci che gli faceva da scorta e l’autista autoctono Mustapha Milambo, in forze proprio al WFP. Morti in un attentato, la Procura di Roma ha aperto un fascicolo di indagine in relazione alla morte dell’ambasciatore italiano in Congo, Luca Attanasio, e del carabiniere Vittorio Iacovacci. Nel procedimento, coordinato dal procuratore capo Michele Prestipino, si procede per sequestro di persona con finalità di terrorismo. I principali sospettati sono ribelli hutu ruandesi delle Forze democratiche per la liberazione del Ruanda Fdlr-Foca. I magistrati capitolini, che hanno competenza per i reati commessi all’estero e che hanno come vittime cittadini italiani, hanno delegato le indagini ai carabinieri del Ros (Avvenire). Ma chi erano questi due connazionali e quest’uomo che li accompagnava?
Luca Attanasi
Aveva 43 anni, si era laureato alla Bocconi nel 2001 e nel 2003 aveva iniziato la carriera diplomatica, dopo un breve percorso professionale nella consulenza aziendale ed un Master in Politica Internazionale. Lavora prima alla Direzione per gli Affari Economici del Ministero degli Esteri, presso l’Ufficio sostegno alle imprese, poi alla Segreteria della Direzione Generale per l’Africa. Successivamente è Vice Capo Segreteria del Sottosegretario di Stato con delega per l’Africa e la Cooperazione Internazionale (2004). Dopo altri incarichi tra cui uno a Berna, in Svizzera, dal 2017 viene nominato capo missione a Kinshasa, nel Congo. Dal 31 ottobre 2019 è stato confermato in Sede in qualità di Ambasciatore Straordinario Plenipotenziario accreditato in RDC (TPI).
Luca Attanasi lascia la madre, la moglie e tre figlie piccole. Era presidente onorario dell’associazione Mama Sofia, fondata a Kinshasa dalla moglie Zakia Seddiki per occuparsi di bambini e donne in difficoltà con il contributo della Conferenza Episcopale Italiana. Insieme avevano ricevuto a novembre il Premio Nassirya per la Pace 2020. In quell’occasione Attanasio aveva ricordato che «quella dell’ambasciatore è una missione, a volte anche pericolosa, ma abbiamo il dovere di dare l’esempio».
Don Angelo Gornati, attuale parroco di Cesate ma per diversi anni alla guida della parrocchia di Limbiate, ricorda Luca Attanasio che ha avuto come parrocchiano: «Luca era un ragazzo cresciuto all’oratorio di Limbiate. Era una luce che fa breccia nella nebbia, illumina e riscalda» dice. «Era capace di cogliere il lato positivo presente in ogni persona, di cucire i rapporti, di costruire ponti – ricorda ancora don Angelo – e ogni volta che tornava a casa dalle varie parti del mondo in cui veniva mandato, correva subito dalla famiglia, ma subito dopo veniva in parrocchia e all’oratorio». «Da adolescente, insieme ad altri suoi amici, Luca fondò il ‘gruppo Aurora‘ che aveva il compito di seguire ed andare a trovare gli anziani malati della comunità- spiega don Angelo -. Più avanti fondò anche un altro progetto che si occupava di ragazzi disabili, organizzando per loro gite e vacanze» (Avvenire).
Vittorio Iacovacci
Il militare dell’Arma si era arruolato nel 2016 e ora apparteneva al XIII Reggimento «Friuli Venezia Giulia», con sede a Gorizia. Si era specializzato proprio nella protezione e nella scorta di personale sensibile. Il giovane carabiniere – appena trentenne – era originario di Sonnino, piccolo centro in provincia di Latina. Non era sposato e non aveva figli, ma aveva un fratello arruolato nella Marina Militare. Come racconta il sito Infodifesa.it, Iacovacci aveva ottenuto brillanti risultati nel suo percorso al GIS, il Gruppo intervento speciale dell’Arma. Rientrato a Gorizia «per motivi personali», era stato a Kinshasa, nella Repubblica Democratica del Congo, in un contesto «difficilissimo».
Mustapha Milambo
Di lui sappiamo poco, solo poche informazioni – per ora – estrapolate dai suoi social. Era sposato ma non aveva figli, era originario di Goma dove risiedeva e lavorava per il World Food Program come autista. Musulmano, sui social vi sono diversi post in cui non solo prendeva le distanze dal fondamentalismo islamico, ma condannava con decisione la violenza di gruppi ribelli ed estremisti. Violenza di cui drammaticamente è rimasto vittima.