I PAZIENTI DELL’OSPEDALE NON POSSONO ESSERE CURATI IN FISIOTERAPIA
L’anomalia al “San Giovanni di Dio”: sotto il fuoco incrociato di burocrazie e politiche regionali, “soccombono” i cittadini
C’è una situazione paradossale che si sta vivendo presso l’ospedale di Melfi. Dallo scorso mese di gennaio, infatti, i pazienti del nosocomio di via Foggia non usufruiscono più del servizio di fisioterapia che per anni ha sempre funzionato magnificamente risalutando un’eccellenza sanitaria del San Giovanni di Dio. Fin dai primi giorni di gennaio scorso, infatti, il reparto sta trattando solo pazienti esterni e non già i degenti ricoverati nelle corsie dei reparti di medicina, chirurgia, rianimazione, utic, ortopedia.
Non ci addentreremo nei motivi che hanno generato la scelta di lasciare la fisioterapia in capo all’Azienda sanitaria di Potenza, mentre il reparto di ortopedia è passato all’Azienda ospedaliera regionale “San Carlo” di cui Melfi oggi è semplice presidio ospedaliero. Il rischio è quello di confondere inutilmente le idee a chi magari non è avvezzo a scelte burocratiche di dubbia utilità.
Ciò che invece faremo è provare a spiegare alle Autorità sanitarie regionali che risulta incomprensibile accettare la decisione di non consentire ai pazienti dell’ospedale di Melfi di poter ricorrere alle cure del personale di fisioterapia. Per effetto di questa cervellotica decisione un malato ricoverato in corsia a Melfi se dovesse aver bisogno delle cure dei fisioterapisti, già in servizio in ospedale, non ne potrà beneficiare.
Per giunta, dopo il passaggio a ospedale Covid di Venosa, il reparto di Melfi ha integrato il proprio organico, già ben qualificato, con i colleghi terapisti del San Francesco trasferiti a Melfi. Dunque, ricapitolando questa strana vicenda, abbiamo la situazione di un organico aumentato ma che rischia di restare senza lavoro. Il rischio di rimanere a braccia incrociate è reale perché i pazienti esterni non sono tanto numerosi quanto quelli interni al San Giovanni di Dio.
Stranezze delle politiche sanitarie regionali che chiunque dirige farebbe bene a spiegare. Ovvio che in simili circostanze aumentano dubbi e perplessità sui motivi che hanno spinto i dirigenti sanitari regionali a compiere una simile azione. Per fugare ogni cattivo pensiero quegli stessi dirigenti farebbero bene a spiegare cosa sta realmente accadendo.