A.S.D. PALLAVOLO VENOSA: “LO SPORT VIVE IN UN LIMBO”
L’associazione chiede risposte chiare, ormai è trascorso un anno e lo sport non riparte
Perdonate se “m’incazzo”! Ha senso sperare nella reale ripresa dello sport?
Oggi 09/02/2021, a quasi un anno dall’inizio della pandemia, lo sport è costretto a vivere in un limbo in cui giorno dopo giorno si attende, ormai senza più speranza, un responso. La barzelletta italiana, flagellata dai morti, dalla povertà che avanza, da funamboliche crisi di governo, ancora una volta svela la propria triste comicità nel prendersi cura dei settori meno forti. Uno di questi settori ci pare essere senza dubbio quello sportivo, centri fitness e piscine al collasso, l’attività motoria di base ormai abolita, intere generazioni di ragazzi private delle proprie attività sportive, ed eccetto il mondo del professionismo, sempre meno sono i fortunati che riescono a praticare qualche ora di attività motoria. Nello specifico oggi vogliamo parlare del settore dilettantistico inerente agli sport di squadra.
Da qui vogliamo partire, e con la nostra testimonianza diretta di associazione sportiva dilettantistica operante nella provincia di Potenza (Basilicata) vogliamo rendere edotta la popolazione al fine e con l’auspico di far emergere quella ingarbugliata, infantile, matassa di contraddizioni, scarica barili, divieti, garanzie, paure e pregiudizi che hanno paralizzato la nostra attività pur avendo avuto dallo stato(volutamente scritto in minuscolo), dal ministero, dal Coni, dalla Federazione Italiana Pallavolo i protocolli e con esso i permessi per poter continuare l’attività sportiva. Dunque veniamo a noi e iniziamo subito da quella che reputiamo essere la problematica maggiore in cui la razionalità a parer nostro, con un calcio nelle parti basse, ci sembra essere stata ridotta a mugolio incomprensibile.
La nostra Associazione come tante altre, in coscienza e nel rispetto delle normative, a partire dal mese di marzo ha interrotto le proprie attività sportive senza nulla obiettare, anzi condividendo il bisogno di uno stop che permettesse a tutta l’Italia, travolta da questa nuova, subdola e silenziosa, tragedia di armare le proprie difese per far fronte al comune nemico. Solo nel mese di luglio e di settembre abbiamo ripreso le attività nel rispetto dei protocolli e lo abbiamo potuto fare grazie alla disponibilità di alcuni impianti privati all’aperto. Tuttavia il nostro sport, come tanti altri, è una disciplina che si pratica indoor, dunque nelle palestre.
Palestre che nel nostro comune sono tutte scolastiche. Ora, già nel mese di giugno, pazienti e comprensivi, dopo numerose telefonate intercorse con gli amministratori, riconoscendo la particolarità della situazione abbiamo evitato di dar vita a polemiche invitando la provincia di Potenza a provvedere quanto prima ad affrontare la problematica relativa all’utilizzo della strutture, facendo emergere che se l’autorizzazione a praticare le attività sportive fosse stata confermata nei mesi successivi, a partire da settembre ci sarebbe stato un grande disagio per le associazioni, considerando che circa il 70% dell’attività sportiva indoor in Italia viene svolta nelle strutture scolastiche. Con grande sorpresa la provincia di Potenza nel mese di settembre ha girato una circolare a tutte le associazioni e alle scuole in cui si consigliava e di fatto si obbligava (considerando il gioco dello scaricarsi di responsabilità tanto praticato nel nostro bel paese) i dirigenti scolastici ad imporre alle associazioni di farsi carico, affidandosi ad una ditta di pulizie autorizzata e certificata, di provvedere alla disinfezione e sanificazione degli ambienti al termine di ogni seduta di allenamento.
A tale mail, dopo aver ricevuto le necessarie informazioni in riferimento ai costi relativi a tali procedure, abbiamo obiettato telefonicamente agli amministratori che per un’associazione affrontare tali spese equivaleva a non poter utilizzare le strutture considerando che si sarebbero dovuti spendere intorno ai 200 euro giornalieri a fronte dei 10 euro orari di affitto che si era soliti pagare e che comunque si sarebbero aggiunti alle spese di pulizia e sanificazione.
Ma ora veniamo alle contraddizioni che stanno dietro questa assurda richiesta:
1. Alle associazioni e solo a loro in Italia, da quanto ci risulta, viene richiesto di provvedere alla sanificazione giornaliera(che rappresenta l’operazione più onerosa) dell’intero locale inerente la palestra (superficie di gioco, attrezzature, spogliatoi…), quando invece tutte le altre attività pubbliche e private ci risulta possano provvedere autonomamente all’igienizzazione e detersione e solo all’occorrenza o in ogni caso periodicamente alla sanificazione degli ambienti.
2. La stessa scuola e di conseguenza la stessa provincia di contro non ha nessun obbligo di sanificare la struttura ogni giorno dopo le proprie attività. Ne consegue che, considerando l’alto tasso di positivi asintomatici, nonché il numero di utenti decisamente superiori a quello di una semplice associazione, sia molto più rischioso in termini di probabilità per gli utenti di un’associazione che per gli utenti di una scuola poter contrarre il virus. Detto ciò e considerando l’impossibilità di fatto di determinare chi ha trasmesso il virus e a chi, ci pare del tutto assurdo tale teatrino messo in piedi per eludere ipotetiche responsabilità in merito alla trasmissione del virus, quando invece immaginiamo sia molto più sensato pensare ad una procedura uniforme che garantisca da parte della scuola e delle associazioni il rispetto delle medesime norme necessarie per prevenire la diffusione del covid-19.
3. Troviamo indecoroso per il nostro ceto dirigente l’incapacità di assumersi le responsabilità per cui sono chiamati ad operare nelle sedi istituzionali. Oggi ci pare paradossale vivere la situazione in cui chiarito dallo stato, dagli enti federali e dal Coni la possibilità di riprendere parte delle attività, i nostri amministratori (in questo caso provinciali perché le strutture in questione sono sotto la loro responsabilità) non sappiano far altro che trovare un modo per non assumersi alcuna responsabilità proponendo di fatto quello che, come al punto precedente abbiamo descritto, ci pare essere un protocollo insostenibile per qualsiasi associazione.
4. Tale situazione ha creato evidenti risacche di inuguaglianza nel modo sportivo in quanto ad oggi abbiamo comuni che hanno mostrato maggiore sensibilità al modo sportivo e si sono adoperati per redigere protocolli realizzabili tra cui lo stesso comune di Potenza in cui ha sede la stessa provincia, palestre scolastiche che con il dirigente hanno consentito lo svolgimento delle attività. Insomma come di consueto in Italia ci pare dedurre che si sopravvive solo allorquando si abbia la rara fortuna di incappare in amministratori e dirigenti capaci di assumersi le proprie responsabilità. Per tutti gli altri tocca restare nel limbo.
Per concludere vogliamo ribadire che tali osservazioni nascono dalla contraddittorietà della situazione, che da un verso ci consente di riprendere le attività e dall’altro ci nega l’utilizzo delle strutture. Laddove non si potesse svolgere l’attività, sicuramente rammaricati, rispetteremmo senz’altro ciò che la norma prevede, ma allo stato di fatto ci sembra solo di voler infierire sull’entusiasmo e sulle speranze della grande popolazione sportiva. Insomma date una risposta non tanto a noi dirigenti e allenatori di associazioni, ma a tutte quelle bambine e bambini, ragazze e ragazzi che vorrebbero riprendere in sicurezza a giocare ed allenarsi. Come tutti i mass media quotidianamente ribadiscono, la strada è ancora lunga, bisognerà convivere con il virus ancora per molto tempo… la domanda è: ha senso sperare nella reale ripresa dello sport? O dobbiamo continuare ad essere ingannati da finte riaperture?
A.S.D. Pallavolo Venosa
FEDERAZIONE ITALIANA PALLAVOLO – COMITATO REGIONALE BASILICATA