«SERVE UNA CATEGORIA PIÙ AMPIA DEI DESTINATARI AL VACCINO, SOLO COSÌ POSSIAMO USCIRNE»
Di Giuseppe (IDeA): «Aver deciso nella Fase 2 di dare priorità agli anziani mi lascia perplesso, ci sono anche tanti lavoratori che ne hanno bisogno»
«Se nelle ultime settimane il numero dei nuovi contagiati da Covid-19 al netto delle varianti è aumentato è evidente che qualcosa non funziona nel programma vaccinale nazionale», queste le parole del capogruppo di idea Cambiamo al comune di Potenza Antonio Di Giuseppe. «La campagna iniziata lo scorso dicembre è stata pianificata sulla base della quantità di dosi di vaccini messe a disposizione per il nostro paese e sulla capacità degli stessi di garantire l’immunizzazione secondo fasce di età -prosegue il capogruppo di IDeA-.
Si è proceduto secondo una scala di priorità che ha interessato nella Prima fase il personale sanitario e sociosanitario, gli ospiti e il personale delle Rsa. Il piano strategico nazionale messo in campo dal ministero della salute e aggiornato di recente ha previsto, per la fase due, l’estensione dell’obbligo vaccinale agli ultra ottantenni considerati rientranti tra le categorie più vulnerabili. L ‘aver deciso, in questa seconda fase, di dare priorità per l’appunto principalmente a questa fascia di popolazione mi lascia un po’ perplesso, continua il consigliere-. Se AstarZeneca, tra i tre vaccini autorizzati dall’AIFA, è considerato preferenziale per la popolazione tra i 18 e i 55 anni senza patologie gravi, perché non si è proceduto prima in tal senso.
Perché, tenuto conto anche della riduzione dei quantitativi di dosi decisa dalle case farmaceutiche non si è data precedenza alla popolazione cosiddetta ” attiva”del paese, quella che traina la nostra economia, considerando il fatto che, i nostri anziani, seppur i più colpiti durante la prima ondata, hanno nella sostanza meno rapporti personali, ad esclusione di quelli familiari, rispetto a chi, quotidianamente, lavorando risulta essere più esposto a rischio di contagio».
«A mio avviso», prosegue di Giuseppe, «Si è innescato un “circolo vizioso” dal quale sarà difficile uscirne in tempi brevi. Non aver pensato inizialmente a chi è costretto ad uscire di casa per mandare avanti la propria famiglia è stato un grande errore. Si pensi ad esempio ai lavoratori della Sata di Melfi o ai lavoratori del trasporto pubblico locale che giornalmente vengono a contatto con un gran numero di utenti;si tratta di ambienti di lavoro dove è alta la probabilità di contrarre il virus vista la maggiore incidenza di rapporti interpersonali e per i quali non è neanche ipotizzabile l’attuazione di forme di lavoro agile. Sulla base di quanto appena esposto, continua il capogruppo, non sono da escludere, ovviamente, anche tutti coloro che presentano patologie importanti che richiedono, per giuste ragioni, un’adeguata considerazione in una situazione delicata come questa».
«Credo, in conclusione, che, così come programmata, la pianificazione vaccinale richieda opportune modifiche che tengano conto di una platea di destinatari molto più ampia di quella iniziale. È fondamentale che siano le stesse Regioni che, interfacciandosi con il governo centrale, evidenzino questi bisogni e sollevino la necessità di accelerare con somministrazioni che riescano, il primo possibile, a coprire un numero sempre maggiore di beneficiari se vogliamo evitare che l’intero sistema paese sia costretto nuovamente a fermarsi» conclude Di Giuseppe.