UNA COSA STRANA CHE MI È CAPITATA A MESSA
lettere lucane
Quando ero ragazzo, spesso servivo la messa nella piccola cappella di Piano Incoronata a Rotonda. Nonostante fosse una piccola cappella di campagna, ricordo che la domenica era sempre piena di fedeli. Ieri qui a Roma ho accompagnato mia figlia a messa, perché si sta preparando alla comunione. Entro spesso nelle chiese a raccogliermi – ovunque mi trovi in giro per l’Italia – ma a messo non ci vado quasi più. Il mio rapporto con la fede è molto cambiato, e oggi non so più se ci credo oppure no, in Dio. Ieri dunque ho partecipato alla messa, e sono stato felice di farlo; e, vedendo tutti quei ragazzi, tra cui mia figlia, mi sono ricordato di quelle lontane messe di trent’anni fa – e, come in sogno, mi sono tornate alla mente alcune facce che ora non ci sono più, ma che io ancora rammento con affetto. Quando è arrivato il momento dell’eucaristia ho provato a ricordare – invano – l’ultima volta che avevo preso l’ostia; poi ho fatto tutta una serie di riflessioni, sicuramente dilettantistiche, su questo rito millenario, attraverso il quale miliardi di fedeli hanno portato nel proprio corpo la memoria corporale di Cristo. Non avevo nessuna intenzione di fare la comunione, anche perché non mi ero confessato. Per cui me ne stavo tranquillo e pensieroso in una parte laterale della chiesa. Ma, non so per quale ragione, un uomo che serviva la messa si è avvicinato a me e, prendendo un’ostia dal calice che teneva in mano, l’ha sollevata pronunciando a bassa voce, guardandomi dritto negli occhi, “il corpo di Cristo” – e io, a quel punto, come forzato a fare qualcosa di cui avevo un profondo desiderio quasi rimosso, ho detto “amen”. Ma proprio mentre portavo nella bocca l’ostia è successo qualcosa che mi ha profondamente turbato: mi sono commosso fino alle lacrime. Non me l’aspettavo, quella commozione così violenta, terminata soltanto alla fine della messa.