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MODELLO DRAGHI? IN REGIONE IL PRESIDENTE È ELETTO MA BARDI PUÒ FARSI INTERPRETE DI UN LAVORO COLLEGIALE

A Polese (IV): «Siamo alternativi, ma preferiamo la proposta alla protesta e portare a casa risultati più che like»

Italia Viva e l’Europa, i giovani e le riforme, Renzi, Draghi e Macron, Co- vid e vaccini, Recovery e Infrastrutture, Bardi, gli ex governatori e il bipolarismo sulla strada della rottamazione gentile. Il vice- presidente del Consiglio regionale Mario Polese senza filtri in un acquarello su presente e futuro.

Siamo in un momento di grandi cambiamenti…

«Il viaggio di Papa Francesco in Iraq stravolge il quadro geopolitico internazionale, apre una breccia di dialogo vero nel Medio Oriente, che in Italia fa opinione solo per gossip scadente purtroppo, e irrompe in uno scenario che vede nella produzione mondia- le dei vaccini e nel controllo delle risorse naturali in Antartide gli altri due grandi temi dell’attuale politica internazionale».

Pensavo parlasse di Zingaretti e del caos nel Pd e non del Papa…

«Non mi occupo del Pd, sono orgogliosamente iscritto ad Italia Viva. Posso solo dire che se le dimissioni di Zingaretti fossero vere, sarebbero un atto rispettabile».

Letta?

«Un possibile ritorno, che come tutto ciò che è passato accarezza la nostalgia. Nulla di nuovo, comunque un rientro positivo per il dibattito politico, ma ripeto, io sono altrove».

Però non c’è dubbio che lo scenario sia profondamente cambiato. Non è vero?

«Assolutamente. Con l’avvento di Draghi abbiamo finalmente uno dei migliori premier d’Europa, il centrodestra si è spaccato e in parte europeizzato, nel Movimento 5 stelle è in atto una diaspora e al contempo una scissione così come è accaduto in Leu mentre del Pd abbiamo già detto. I liberali sono tornati a parlarsi e sono in crescita costante, mi pare che abbiamo, senza voler esprimere giudizi, un quadro mutato, si».

E quali sono le prospettive?

«Scegliendo liberali ed europeisti di tutti i partiti, rompendo la vecchia contrapposizione centrodestra – centrosinistra, è nato un perimetro di governo tutto politico, non nascondiamoci. Questa è la traccia. La penna ora è in mano a tutti coloro i quali si dichiareranno leali sostenitori di questa esperienza. Italia Viva, con Matteo Renzi, che ha avuto la forza di rendere tutto ciò possibile, sarà il cuore pulsante di una federazione liberale che avrà in Emanuel Macron la sua leadership europea, in Mario Draghi il faro in Italia».

Ma qual è il ruolo di Italia Viva in questo Governo?

«La conferma degli stessi nomi è un atto di grande lealtà. Ci siamo oggettivamente rafforzati, aggiungendo al Ministero delle Pari opportunità e della Famiglia le deleghe alle Infrastrutture e agli Interni dove i ministri sono tecnici. Ma ci siamo anche distinti rispetto agli altri partiti che componevano il Conte – bis e che sono stati ridimensionati in numeri e rappresentatività all’interno di questo Governo. Direi un ruolo di grande peso».

Questo sarà sufficiente a schiodarvi dal 4% dei sondaggi?

«Nella vicina Campania, alle scorse regionali, i sondaggi ci davano al 2%, nelle urne Italia Viva da sola ha raccolto quasi l’8% dei consensi, attestandosi come seconda forza della coalizione. Dico questo perché la strada è lunga, in Basilicata c’è una costante e continua adesione di giovani amministratori e di tante personalità della società lucana, sino ad oggi non impegnate in politica. Abbiamo un grande entusiasmo, secondo solo alla fiducia che ci lega e accompagna in questa avventura. Le confido che io mi sento rinato!».

Intanto da lucano e da esponente di Italia Viva, come giudica Bellanova viceministro alle Infrastrutture al posto di Margiotta?

«Salvatore è un amico, come lo sono in tanti nel Pd lucano, ma soprattutto un professionista valido. Penso che il suo partito avrebbe dovuto difenderlo meglio. Sono certo però che Teresa saprà recuperare e valorizzare il lavoro fatto e sarà baluardo ancora più forte per il Sud e per la Basilicata.

Nel nostro coordinamento regionale, che presenteremo assieme alla piattaforma organizzativa di Italia Viva Basilicata nelle prossime settimane, sarà un sindaco lucano a svolgere la funzione di collegamento tra quel Ministero e gli amministratori locali della Basilicata».

Passiamo alla Giunta e alla maggioranza regionale, Bardi dovrebbe mutuare lo schema politico di Draghi?

«Ci sono differenze strutturali. Prima tra tutte, in regione, il Presidente è eletto dai cittadini e non dal parlamentino. Ciò nonostante, credo però che Bardi abbia una gran- de chance».

Quale?

«In questo nuovo scenario politico nazionale, deve farsi promotore ed interprete vero di un lavoro collegiale per una Basilicata che vive la crisi pandemica ed economica più di altre regioni, per endemiche debolezze oltre che per evidentissime negligenze di questa amministrazione e ‘rottamare’ quell’ansia di cambiamento tout court, che finora non solo non brilla, ma anzi offusca anche le pochissime cose buone fatte»

 

In che modo, facendo cosa?

«Mettendo da parte nei magazzini di Via Verrastro le lavagne con cui dice di volerci dare lezioni e praticando umiltà ed unità. Come? Parta sedendo attorno ad un tavolo gli ex presidenti che lo hanno preceduto: Boccia, Bubbico, De Filippo e Pittella. Si faccia raccontare la Basilicata da una angolazione diversa. Poi convochi tutti i parlamentari lucani e i membri di Governo, senza distinzioni di casacca, faccia lobby istituzionale per la nostra terra».

Pensa anche lei che così potevamo evitare la zona rossa?

«Certamente. Il Tar non ha accolto il ricorso che alcuni avvocati lucani con apprezzabile audacia sul punto. Ma nelle motivazioni ha chiaramente affermato che con un’intesa tra Ministero e Regione la zona rossa può essere derogata nelle aree non a rischio. Ecco cosa è mancato».

E in questo eventuale percorso che ruolo potrebbe avere Italia viva?

«Quello svolto sino ad ora. Siamo loro alternativi, ma preferiamo la proposta alla protesta e portare a casa risultati più che like. L’istituzione delle Usca, l’avvio della sperimentazione sul plasma per curare i pazienti Covid, l’inserimento dei disabili nelle priorità dei vaccini, l’istituzione di una commissione speciale dove piegare il Recovery Fund alle esigenze dei lucani, sono solo alcuni dei successi non di Italia Viva, ma per la Basilicata».

Ha citato il Recovery plan. Cosa ne pensa?

«Stiamo chiedendo alle future generazioni un prestito. Abbiamo il dovere di spendere questi soldi per lasciare loro un mondo migliore. O li avremo traditi. Ecco perché è un errore a Potenza come a Roma pensare che siano protagonisti di un piano che si chiama “Next Generetion Eu” coloro i quali non sono il futuro. A Piergiorgio Quarto, che presiederà la Commissione che io e Luca (Braia ndr) abbiamo fortemente voluto, chiederò di ascoltare gli universitari, gli startupper, le consulte degli studenti, gli youtuber lucani prima di tutti gli altri. Così hanno lavorato i nostri eurodeputati di Renew Europe, Sandro Gozi e Nicola Danti a Bruxelles. Questo è lo spirito giusto».

E sulla salute invece cosa ne pensa?

«La sfida che Draghi deve vincere è la produzione del vaccino nel nostro paese. Dobbiamo recuperare i ritardi di Conte in ogni modo ed il Governo regionale deve cambiare passo, non è possibile che ci sia anarchia sul piano tra i comuni ed i sindaci siano lasciai soli, aggrappati ad appelli o manifestazioni spontanee. Non bastano videoconferenze di pochi minuti, ma servono consultazioni stabili e permanenti finalizzate a decisioni rapide, omogenee e concertate».

Chiudiamo, negli ultimi tempi sono cresciuti gli episodi di violenza connessi alla politica, di chi è la responsabilità?

«Di chi, da sempre, demonizza la politica. Non ci sono alibi ne esimenti. L’imbarbarimento del linguaggio soprattutto sui social network è lo strumento ed anche il prodromo della violenza. Le ‘poltrone’, che sono sempre quelle degli altri, la ‘casta’ per definire in contrapposizione chi si occupa del bene pubblico da chi non lo fa, l’aggettivo ‘politico’ usato nel linguaggio corrente come una offesa, la percezione dell’avversario di partito come un nemico personale da delegittimare e poi abbattere, persino le patenti di moralità una ‘brava persona’, come se gli altri fossero ‘cattivi’ sono l’humus della sottocultura che genera disistima delle istituzioni, l’idea che tutti possiamo fare ogni cosa, la mortificazione delle competenze, l’esaltazione della mediocrità come valore»

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