SCREENING ANCORA FERMI, LAVORATORI ANCORA IN CASSA INTEGRAZIONE E NESSUNO DECIDE
Uiltucs Basilicata: “Fare chiarezza sulle responsabilità circa il mancato avvio degli screening oncologici per utero e colon retto di cui si attende da oltre un anno la ripartenza”
La Uiltucs Basilicata ha presentato un esposto nel mese di Febbraio, insieme alla filcams CGIL, per chiedere alla magistratura di fare chiarezza sulle responsabilità circa il mancato avvio degli screening oncologici per utero e colon retto di cui si attende da oltre un anno la ripartenza. Oggi ancora non è concepibile un disservizio simile, le cui conseguenze potrebbero essere drammatiche per le donne a cui non è stata data la possibilità di fare prevenzione, che ad oggi non abbiamo un responsabile o dei responsabili, a cui far pagare la lunga attesa, senza contare che al danno si è aggiunta anche la beffa dei tanti lavoratori che sono ancora oggi in cassa integrazione.
La Fora, incaricata di effettuare gli screening pare voglia chiedere i danni per il mancato guadagno nel periodo di stop degli screening in questione. A causa dell’emergenza sanitaria i particolari screening erano stati sospesi in attesa di un’organizzazione capace di garantire le necessarie misure anti-contagio, nei luoghi in cui bisognava eseguirli, ma dopo un indecoroso e paradossale scarica barile tra le parti il servizio è ancora bloccato e non sappiamo chi e perché, di fatto, ha privato le donne lucane di un servizio tanto prezioso per la tutela della loro salute, mettendo in cassa integrazione tanti lavoratori del settore. La società Fora aveva chiesto alla Regione Basilicata indicazioni per la prosecuzione degli screening per utero e colon retto e a sua volta, la Regione si era rivolta all’Asp affinché mettesse a disposizione della società i locali previsti da capitolato così da far ripartire il servizio. Siamo, però, ora a Marzo, gli screening non sono ripartiti e ancora non è chiaro chi dovrà prendersene la responsabilità. Ad oggi addirittura nonostante la stipulazione in data 18/02/2021 con l’impresa subentrante, quest’ultima non ha ancora iniziato le attività nonostante come da normativa vigente in materia di appalti pubblici e come da contratto abbia dichiarato di essere pronta all’immediato espletamento del servizio. Intanto in data 10 marzo è scaduta anche la proroga tecnica che era stata fatta a parere della scrivente, illegittimamente, oggetto quest’ultima di una diffida legale, in quanto nonostante l’aggiudicazione dal mese di Novembre da parte del TAR non era stato sottoscritto alcun contratto con la subentrante violando il codice degli appalti. Oggi addirittura non risulta di alcun atto amministrativo Deliberativo pubblico di proroga. Per cui tale situazione è paradossale in quanto la società subentrante sta ritardando l’inizio delle attività, ma la società uscente pare stia espletando il servizio in mancanza di atto amministrativo pubblicato formalmente e legittimamente emesso.
A tal proposito insieme all’ AVV.Antonio Di Lena abbiamo diffidato l’IRCCS CROB a risolvere la paradossale situazione amministrativa chiedendo anche la revoca dell’aggiudicazione per inadempimento dell’appaltatore. Contestualmente abbiamo trasmesso la nota alla Corte dei Conti e ed alla Procura della Repubblica per eventuali profili di competenza. Alla magistratura oltre ad aver già chiesto un incontro per essere ascoltati, si chiede di fare tutti i necessari accertamenti e di verificare, quindi, i motivi per cui si è perso un anno di screening e si continua a non risolvere la problematica ed a verificare come mai questi continui ritardi sul cambio di appalto. All’Assessore Leone ed al Direttore del Dipartimento delle politiche della persona Dr. Esposito la UILTUCS chiede ancora una volta di dire con chiarezza ai cittadini lucani se ritengono di continuare a fare prevenzione o se, invece, hanno cambiato idea. Di quanto accaduto se ne occuperà la magistratura ma anche la politica deve essere chiamata in causa ed il giudizio su chi governa la Regione, questi casi come in altri, non possono essere taciuti. Le ragioni e le giustificazioni di chi, ad ogni livello, ha cercato di spiegare il disservizio valgono zero davanti al dato di fatto: gli screening sono ancora fermi e i lavoratori di questo comparto sono ancora in cassa integrazione.