L’ARTE DI FERRO DELL’OPERAIO CATOLLA DELLA FIAT
lettere lucane
Quando eravamo in Svizzera, mio padre lavorava in una fabbrica metalmeccanica di Uster che si chiamava Zellweger. Il regalo più bello che mio padre mi abbia mai fatto è una macchinina piatta ricavata da una serie di lamiere che lui stesso aveva disegnato e ritagliato. Era non soltanto un regalo emozionante, ma anche “artistico”, in qualche modo, perché esprimeva una notevole capacità creativa e un inequivocabile possesso di capacità tecniche e artigianali. Ho ripensato alla macchinina di mio padre leggendo un post su Facebook dell’amica giornalista di Ferrandina Margherita Agata, che ieri ha scritto: “Che orgoglio vedere il nostro concittadino Antonio Catolla parlare delle sue opere al Tg1”. Catolla? E chi è Catolla? Mi sono subito messo a cercare informazioni sul suo conto e ho scoperto che è un operaio della Fiat in pensione, che è originario di Ferrandina e vive in Piemonte e che realizza opere in ferro semplicemente meravigliose. La sua specialità è riprodurre in ferro – ferro rigorosamente di scarto e di recupero – le grandi opere monumentali dell’umanità, dalla Tour Eiffel al Partenone, dal Colosseo al Duomo di Milano. Le foto che ho visto riproducono creature possenti, precise, esatte, solide. Osservando le opere del “ferro-dipendente” Catolla ho anche però pensato con una certa malinconia ai tanti operai che hanno sprecato nelle catene di montaggio vocazioni artistiche e artigianali inconsapevoli, perché nessuno si è mai degnato di dir loro che avevano un dono nelle mani, che ciò che sapevano creare aveva un valore al di là del “lavoro”. Non ho il mito dell’arte, ma trovo sempre commovente vedere gente di fatica che trova il modo di esprimere un talento, un estro, un sentimento del bello. Così come mi commuovo ora a ripensare a quella macchinina di lamiera di mio padre realizzata in qualche ritaglio di tempo tra un lavoro e l’altro in terra straniera.