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NOSTALGIA PER GLI OGGETTI PERDUTI DEL PASSATO

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Qualche giorno fa qui a Roma su un muro di casa della via Casilina ho letto questa frase: “Tutto ciò che possiedi ti possiede”. Non è una frase originale, ma nella sua facile sentenziosità dice qualcosa di vero. E dice, insomma, che noi ci affezioniamo alle cose, e che queste cose, se le perdiamo, ci lasciano un senso di vuoto, addirittura ci feriscono. Mi è capitato ieri mattina di ricevere una foto su WhatsApp di mia madre. Una foto per me dolorosa. In pratica il vecchio e grande camino della cucina è stato buttato giù e sostituito con un piccolo caminetto moderno, di quelli che si chiudono con delle finestre di vetro e che fanno consumare meno legna. Mia madre è entusiasta, perché dice che ora la casa sarà più calda di prima, e che si potrà risparmiare un sacco di legna. Io invece sento un po’ di tristezza, perché per me il vecchio e grande camino – le maledette cose che, possedendole, ci possiedono – rappresentava molte cose importanti della mia vita. Quante ore ero stato davanti a quel camino? Quanti libri vi avevo letto? E quante sigarette avevo fumato sbuffando sulla brace? Ma soprattutto: quante volte qui a Roma ho sognato di ritornare a vivere nella casa di Fratta e di addormentarmi davanti a quel camino, nell’ipnotico silenzio delle notti campestri? Ho notato che con il passare degli anni per me lo spettro della morte è sempre meno angosciante. Come mai, mi sono chiesto tante volte, più mi avvicino al tempo della morte e meno angoscia provo? Come mai durante la giovinezza il pensiero della morte mi terrorizzava letteralmente? Mi sono risposto così: perché s’impara a morire piano piano, giorno dopo giorno, perdita dopo perdita, addio dopo addio. S’arriva alla meta stanchi, rassegnati, saccheggiati di tutto. Pieni di ricordi ineffabili e con un’ultima speranza: che qualcuno custodisca da qualche parte i più teneri oggetti del nostro passato.

diconsoli@lecronache.info

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