“LA PANDEMIA CI HA INSEGNATO CHE IL PIÙ GRANDE INVESTIMENTO È LA SANITÀ”
De Filippo a Cronache: dal Covid al rientro nel Pd, passando per la politica regionale e nazionale
In un momento delicato per il Paese, duramente colpito dalla pandemia, sia a livello sanitario che socio economico il parlamentare lucano Vito De Filippo non si è fatto scrupoli a definire sbagliata la scelta del leader di Italia Viva, Matteo Renzi, nell’aprire una crisi di Governo. De Filippo è sempre stato uno dei pochi politici capace di fare un passo indietro per il bene dei cittadini, lo ha dimostrato a livello regionale e anche nazionale. Venendo meno quei valori che lo avevano avvicinato a Renzi, dice addio a Iv per rientrare nella sua prima casa: il Partito democratico. Una scelta che lo porta a riabbracciarsi politicamente con uno dei suoi più cari amici che, di li a poco, diventa il nuovo segretario nazionale dem: Enrico Letta. Per il democratico De Filippo non si tratta di un ritorno al passato, ma è l’inzio di un futuro politico diverso, nuovo e ricco di sfide.
Ormai è passato tempo dal suo rientro nel Partito democratico, ma c’è ancora chi fa dietrologia…
«Ho seguito con trasparenza una iniziativa politica che mi sembrava potesse essere utile per allargare la coalizione riformista nel nostro Paese che al di là dei sondaggi deve ancora oggi, contrastare un centro destra che si manifesta, pur nella debolezza delle politiche che interpreta, ancora forte e radicato nel nostro Paese.
Sono rientrato nel Pd vedendo quel progetto fallire ed oggi sospeso in un “dinamismo ambiguo” fuori da una strutturata alleanza di coalizione che non convince e non mi sembra attuale. Dopo che il suo leader ha aperto una crisi che non condividevo nei tempi e nei modi mi è sembrato che la mia collocazione li era incompatibile, non avendo mai, dico mai, fatto mancare critiche e dissensi nel lungo anno di pandemia che abbiamo alle spalle, nel dibattito dei gruppi parlamentari di Italia Viva. Pur avendo lavorato tantissimo sui documenti che quel gruppo parlamentare presentava in termini di Sanità o di Mes, era noto a tanti colleghi che sono rimasti in Italia Viva, che stimo e dei quali sono ancora amico, che le mie posizioni erano spesso diverse e in netto contrasto. Fare dietrologia o dissimulazioni è una tecnica costante nel nostro mondo ma io vorrei, strenuamente richiamarmi alla politica ed ai suoi valori. Sono parole alte che cito con rispetto.
Quindi un percorso chiaro che ho vissuto con nettezza ed evitando parole polemiche anche quando sono uscito. Ho ringraziato i vertici di Italia Viva e mi sono sottratto totalmente ad essere utilizzato strumentalmente pur essendo stato invitato in quei giorni alle più note trasmissioni televisive del nostro Paese». Letta segretario del Pd, in molti leggono nella sua scelta molta lungimiranza, alcuni anche una buona dose di fortuna. «Guardi posso solo dire, confermando quello che avete scritto, che nei giorni di tensione di quella crisi di Governo ho cercato alcuni amici ai quali ho confidato il mio stato d’animo. Fra questi pur sapendo che non aveva nessun ruolo nella politica italiana parlai anche con Letta. Quando si dimise in Parlamento io ero l’unico rappresentante del governo seduto in Parlamento.
Con Letta la politica non ha maisuperata l’amicizia al di la delle stagioni. In quei giorni Enrico mi ha ascoltato, ha capito il mio stato d’animo e la mia decisione. Dopo poche settimane lui diventa segretario del Pd in una situazione difficilissima. Io spero con tutto il cuore per il bene del nostro Paese che lui riesca a rilanciare il Pd e il centro sinistra. La mia decisione di rientrare è stata discussa e valutata dal Segretario Nazionale del momento Zingaretti e dal capo delegazione al governo Franceschini e ovviamente dal capo gruppo in quel momento Del Rio. Posso solo dire che Zingaretti che conoscevo meno degli altri mi ha parlato con grande umiltà e con parole di serietà di un vero dirigente politico. Al di là delle differenze di storie ho trovato di fronte a me una persona seria e per bene che spero continui a dare un contributo nel Pd nei prossimi anni. Continuerò a dialogare con Zingaretti al di là del suo ruolo. Credo di essermi guadagnato un piccola stima per essere diligente, scrupoloso è sempre presente nel difficile lavoro in Parlamento, questa è la cosa più importante».
Ripartire dal territorio. Sembra uno slogan, ma soprattutto in Basilicata è una realtà che appare più che altro una necessità dopo tanto tempo di assenza di un segretario regionale per il Pd.
«Si condivido. Il gruppo dirigente lucano del centro sinistra ha per molti aspetti una storia esemplare nel mezzogiorno. Pur con tanti limiti. Ci sono risorse grandi ancora. Donne, giovani, amministratori, segretari provinciali e di sezioni, ci sono esperienze nazionali nel partito e nelle istituzioni rilevanti. Anche la lunghezza della crisi del partito regionale bisogna inquadrarla in una sincronica e diacronica vicenda anche nazionale. Lì dove esiste un pericolo di fallimento esiste anche ciò che può salvare. Io sono fiducioso che ritroveremo entusiasmo e forza peril bene della nostra regione. La lezione di un grande maestro che tutti sanno in che rapporto era con me Antonio Luongo fra tanti altri ci deve dare il senso di un lavoro futuro. Io credo che autorevoli personalità del cattolicesimo democratico lucano e soprattutto tantissimi giovani lucani si attendono un sussulto di responsabilità e di lungimiranza. Tocca al Pd riprendere in mano ago e filo e ricucire il futuro lucano.
Conoscendo da molti anni anche per una comune militanza in alcune fasi della storia del Pd il Commissario Gianni Dal Moro so che ha lo stesso obiettivo». Due anni di governo Bardi. Tanti slogan in tema di cambiamento, ma anche tanti silenzi da parte di un’opposizione che sembra aspettare non altro che novembre, per i nuovi equilibri. Come la vede? «Il gruppo del Pd in Regione lo vedo dinamico su temi importanti come il petrolio o la sanità. Sul governo Bardi non saprei cosa dire non vedo a volte l’oggetto della critica. Mi sembra e lo conosco come una persona per bene il Presidente Bardi ma non c’è un’idea, un progetto, una visione della nostra terra. Ci si muove nel quotidiano deteriore fra varie schermaglie della stessa maggioranza, i fatti avvengono al di là dell’azione dell’amministrazione regionale. Insomma la decadenza è tanta ed io pur offrendo sempre la mia collaborazione non trovo luogo o circostanza nella quale sostenere qualcosa. Dobbiamo preparare il cambiamento di questo inutile ed evanescente “cambiamento” che era stato annunciato».
Passiamo dalla politica regionale a quella nazionale. Governo Draghi. Cosa cambia rispetto a quello Conte in sostanza?
«Draghi è una grande personalità. Un patrimonio di prestigio del nostro Paese. Ma purtroppo i drammi della pandemia e dell’economia sono tali che ci renderemo conto che non sarà il Governo dei miracoli. In Parlamento non sarà semplice per le forze progressiste perchè Salvini, e non solo,f anno un lavoro di propaganda ambiguo e complicato. Ci sono segnali di pragmatismo dal Presidente Draghi sui vaccini ed altro che spero cambieranno in meglio alcune azioni. I gruppi parlamentari del Pd, con le due nuove guide, hanno un grandissimo compito».
Recovery fund. È uno dei capitoli più sentito in queste settimane. Ma in concreto e in particolare per il Sud qualisono glistrumenti che possono aiutare la martoriata economia del nostro territorio dilaniato dalla pandemia?
«Il Recovery Plan esiste in quelle dimensioni perché l’Italia è un Paese che ha un grande e storico divario. Le Camere in questi giorni hanno definito l’impianto del piano diripresa e diresilienza dove si individuano risorse importanti per oltre 90 miliardi di euro dedicate al Sud su vari programmi nel prossimo periodo di programmazione. Dalla fiscalità di vantaggio ad interventi di transizione energetica che potrebbero essere decisivi per la Basilicata. L’economia circolare è una grande prospettiva per il Sud. In Basilicata per esempio il dibattito in Regione sul petrolio appare fuori dalla realtà e dalla storia guardando al documento sul Piano nazionale. In ognuna delle Missioni del piano ci sarà una grande attenzione per il Sud. Dalle infrastrutture alla sanità, dalla formazione ai settori produttivi».
Lei è stato sottosegretario alla sanità, nonché responsabile del partito della materia. Cosa pensa realmente della vicenda coronavirus e, soprattutto, ci sono state delle falle nel sistema effettivamente o la crisi pandemica è stata tanto inaspettata quanto repentina da non poter avere gestione migliore?
«Vicenda complessa e drammatica. Molte falle nelrapporto fra Stato e Regioni. Differenze enormi che sono insopportabili in materia disalute. La forza è stata la scelta che fecero i legislatori ed i costituenti di avere un sistema sanitario pubblico ed universale. Il più grande investimento in futuro deve essere quello socio sanitario. La lezione di questo tempo non può essere dimenticata. Più risorse, più personale in sanità, più ricerca, più mezzogiorno in sanità che è la parte più critica nel Paese. Pandemie e globalizzazioni saranno un grande problema perisistemisanitari del mondo anche in futuro. Lo stato geografico della Basilicata avrebbe consentito sia sul tracciamento, sia sulle vaccinazioni, sia sulla gestione delle zone rosse modelli operativi più efficaci. Direi che la qualità del nostro sistema sanitario poteva spingere gli amministratori regionali a praticare modelli organizzativi nella nostra regione sicuramente all’avanguardia. Nulla, solo spumeggianti dichiarazioni o plateali sottovalutazioni».