DAL VACCINO AGLI ANTICORPI MONOCLONALI: PRO E CONTRO DELLE TERAPIE CONTRO IL VIRUS
Continua il successo di “Doctor” su Cronache Tv. Ospiti della scorsa puntata i dottori Piero Fundone e Giulio De Stefano
Mentre si discute di opportunità e rischio vaccinale, la trasmissione “Doctor” affronta l’argomento guardando non solo alle possibilità dell’immunizzazione, ma anche facendo un excursus di quello che è stato ed è il periodo pandemico all’interno dei reparti psichiatrici. Per l’occasione, la conduttrice della trasmissione, Eliana Positano, ha ospitato negli studi di Cronache Tv il dott. Piero Fundone Direttore del Dipartimento Salute Mentale e Serd dell’Azienda Sanitaria Asp di Potenza e Villa d’Agri e il dott. Giulio De Stefano, direttore della struttura complessa di Malattie Infettive dell’A.O.R. San Carlo e Asm di Matera.
Una puntata che ha voluto dar risalto soprattutto ad una categoria fragile di cui nessuno ha parlato: i pazienti psichiatrici e il loro rapporto con l’isolamento imposto dal Covid e vissuto tra mille problemi di un sistema sanitario che per certi versi è stato messo all’angolo pur se, grazie all’impegno degli operatori sanitari, è riuscito a tenere bene e a resistere alle tante difficoltà.
Per questi pazienti particolari si è provveduto a creare istantaneamente delle ‘stanze di contumacia’ per la sosta in attesa di esser sottoposti a tampone, impostando nel contempo la terapia psichiatrica. Si è notevolmente ridotta la capacità di ricovero nei reparti ma bene hanno funzionato i servizi territoriali. Va ricordato che in Italia cisono 134 dipartimenti di salute mentale e di neuropsichiatria infantile che contano ben un milione di pazienti. Molto si deve ai servizi territoriali che di fatto rappresentano il motore principale di tutti i servizi di salute mentale. A livello nazionale in un solo anno di pandemia ha chiuso un centro su cinque e in altri le attività si sono ridimensionate, garantendole solo per i pazienti più gravi. Si sono sviluppate delle fragilità in un sistema a tratti già fallace.
La Basilicata, invece, si è ritrovata in controtendenza lasciando aperti tutti i centri nonostante le difficoltà nel contrastare il virus: sono mancati all’inizio proprio i dispositivi di sicurezza tanto che, per la carenza di mascherine a normaha sottolineato il dott. Fundoneisanitari erano costretti a disinfettarle e riutilizzarle anche per due settimane di seguito.
Dal punto di vista psicologico, la pandemia ha influito molto sulla gestualità,sullo stare insieme, sul condividere anche un abbraccio con i pazienti, ma è prevalso il senso di umanità e di professionalità degli operatori dei servizi psichiatrici che hanno sempre messo il paziente al centro del loro agire. Quanto alle situazioni di isolamento, ci sono state delle nette differenze tra i pazienti più gravi che di fatto vivono un isolamento che per loro è normalità e quelli che hanno ancora una rete di interconnessione mentale. Proprio ai primi è stata rivolta maggiore attenzione per evitare quell’isolamento che potrebbe sembrare fisiologico ma che invece deve essere sovrastato e superato affinché la società si interessi al loro essere mantenendo dei canali che hanno continuato a funzionare.
Nella seconda parte della trasmissione si è affrontato nello specifico il tema vaccinale. Con il dottor De Stefano si è ripreso il percorso della malattia, dal contagio al ricovero, nei casi più gravi in terapia intensiva. Ribadito che si tratta di un’infezione emergente di cui non si aveva nessuna cognizione e che comporta varie difficoltà di inquadramento clinico e approccio terapeutico. Sono state acquisite tante nozioni pagandone anche le conseguenze perché si potevano vagliare gli strumenti terapeutici in patologie simili e quindi in altri virus respiratori presenti da sempre e responsabili, ad esempio, del banale raffreddore.
Tanti sono stati gli errori commessi prima di arrivare ad aggredire il virus. Con De Stefano si è parlato anche di quel 37% dei pazienti colpiti da Covid che anche dopo la guarigione ha manifestato reazioni neurologiche (stato confusionale, vertigini, mal di testa, perdita dell’olfatto e del gusto) a cui si sono aggiunte afasia e perdita della vista. La comunità scientifica sta mappando i casi ‘neurocovid’ mettendo anche in correlazione l’infezione da Covid con le polineuropatie come ad esempio la Sindrome di Guillain–Barré che porta a paralisi progressiva agli arti, o alla sindrome di Miller-Fisher che invece interessa i nervi cranici. Le problematiche neurologiche, cardiovascolari, cutanee e respiratorie rientrano dunque in quelle legate esclusivamente al Covid pur se non è sempre facile trovare correlazione al primo acchito con il funzionamento patogeno del virus o come conseguenza della risposta infiammatoria.
Sul tema delle varianti, è stato spiegato in trasmissione che esse sono la conseguenza di mutazioni del materiale genetico del coronavirus che si verificano spontaneamente in qualunque agente virale, acquisendo capacità nuove, non necessariamente più aggressive ma che possono portare il virus ad avere perdita di capacità di danno d’organo portando a minore risposta quelli che sono gli anticorpi naturali. Certo è che il problema principale al momento è rappresentato dalla variante inglese che replica molto più facilmente di altre varianti e che purtroppo nelle settimane a venire porterà ad un maggior contagio e di conseguenza avrà una maggiore letalità.
Quanto ai vaccini, anche sulle varianti hanno una buona riuscita ma l’efficacia è minore, richiedendo una quota maggiore di anticorpi per mantenere una buona protezione. Va accelerata la campagna vaccinale proprio per evitare che, in caso di ulteriori mutazioni, non ne venga garantita l’efficacia. Un chiarimento il Dott. De Stefano lo ha fatto: «il vaccino non è la cura contro il Covid-19 ma è semplicemente la prevenzione, quindi una immunoprofilassi». Per definizione il vaccino è profilassi, prevenzione di un’infezione naturale attraverso la stimolazione attiva del nostro sistema immunitario che produce anticorpi. Essi stessi rappresentano un modo con cui difendono l’organismo dall’agente estraneo, impedendone la creazione di un danno.
Una precisazione è d’obbligo: chi è vaccinato, non ha la certezza assoluta di non contrarre l’infezione e di non trasmetterla, per questo è opportuno che anche chi è stato inoculato continui a utilizzare i dispositivi di sicurezza e a mantenere il distanziamento sociale per evitare di contrarre l’infezione se il vaccino non avesse funzionato al meglio. In tal caso, svilupperà un’infezione con forme respiratorie meno aggressive. Discorso incentrato anche sugli anticorpi monoclonali, prodotti in laboratorio e somministrati endovena.
Potrebbero avere dei limiti e soprattutto occorrerebbe capire quale potrebbe essere la risposta immunitaria considerato che l’organismo potrebbe sviluppare anticorpi che potrebbero a loro volta contrastare i monoclonali rendendo vana la terapia. I monoclonali sono per certi aspetti il superamento del plasma iperimmune e vanno somministrati in tempi rapidi e quindi tra cinque e dieci giorni, a chi è a domicilio e non ha forme severe di malattia pur avendo fattori rischio (diabete scompensato, obesità, malattie cardiovascolari, insufficienza renale cronica, immunodeficit) che potrebbero portare ad un aggravamento della malattia.
Attraverso tale controllo precoce del virus nel sangue, si può avere un miglioramento e quindi una celere guarigione. Nel corso della trasmissione, contributo esterno dell’Infermiere di P.S. Felice Arcamone, primo sanitario ad esser vaccinato in Basilicata. Anche per lui vige la necessità e l’obbligo che chiunque operi a livello ospedaliero, o comunque sia a contatto con persone fragili e ammalate, debba essere vaccinato per una maggiore tutela nei confronti dei pazienti.