L’AMORE SI ESPRIME MEGLIO CUCINANDO
lettere lucane
Non ero così, in cucina. Lo sono diventato con gli anni, sopratutto da quando sono padre. Anche prima sentivo un’attrazione per la cucina, ma quasi sempre mangiavo in giro, disordinatamente. Poi sono arrivati i figli, e con i figli ho scoperto in me il piacere di fare la spesa e di preparare piatti buoni e saporiti. E più di una volta ho ripensato alle abitudini culinarie dei nostri paesi, alle nostre mamme in cucina, alle grigliate, alle tavolate abbondanti nei giorni di festa, all’odore di sugo sin dalle prime ore del mattino, ecc. Gli anni sono trascorsi in fretta, e ogni giorno di più mi scopro come la mia gente. Trovo motivo di soddisfazione nel fare la spesa, nel frequentare i mercati, nel parlare coi commercianti, nello scoprire nuove ricette – e nel far mangiare cose buone ai miei figli e ai miei cari, anche se spesso vengo accusato di essere eccessivo e un po’ sprecone. Il fatto è che ho capito – ora che non sono più un ragazzo – che con il passare degli anni sono diventato assai taciturno, e faccio sempre più fatica a esprimere i sentimenti. Le parole non le amo più come un tempo, perché quasi sempre mi sembrano chiacchiere, truffe, palleggi narcisistici per incantare qualcuno. Preferisco trascorrere parte del mio tempo in cucina, dare calore con il cibo, osservare di nascosto la soddisfazione di chi mangia una cosa che ho preparato con le mie mani. Quando ero ragazzo le detestavo, le donne del mio paese che non sapevano far altro che cucinare. Le giudicavo male, pensavo che non avessero niente da dire, che fossero vuote. E invece sbagliavo, perché avevano semplicemente trovato un modo di esprimere senza smancerie sentimenti di cura e di dedizione. Quando mio figlio torna a casa e mi chiede con piglio sbrigativo “cos’hai cucinato?” io non mi sento usato ma, al contrario, soddisfatto, perché posso saziarlo di amore senza nemmeno pronunciarla, la parola amore.