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OMICIDIO DI MARIA PINA SEDDA, CRIMINOLOGA URSULA FRANCO: GIANFRANCO CHERUBINI NON È VITTIMA DI UN ERRORE GIUDIZIARIO

UN CASO ALLA VOLTA FINO ALLA FINE  OMICIDIO DI MARIA PINA SEDDA, CRIMINOLOGA URSULA FRANCO: GIANFRANCO CHERUBINI NON È VITTIMA

UN CASO ALLA VOLTA FINO ALLA FINE 

OMICIDIO DI MARIA PINA SEDDA, CRIMINOLOGA URSULA FRANCO: GIANFRANCO CHERUBINI NON È VITTIMA DI UN ERRORE GIUDIZIARIO

Pubblichiamo l’analisi della criminologa Ursula Franco di alcuni stralci dell’intervista rilasciata da Gianfranco Cherubini a Franca Leosini 

Criminologa URSULA FRANCO
Omicidio di Maria Pina Sedda: analisi di alcuni stralci dell’intervista rilasciata da Gianfranco Cherubini

Gianfranco Cherubini

Gianfranco Cherubini ha rilasciato l’intervista da cui sono tratti gli stralci che seguono circa 10 anni dopo l’omicidio di sua moglie Maria Pina Sedda.
La Sedda è stata uccisa il 23 luglio 2002 a Nuoro, nella cantina del palazzo di via Fiume nel quale abitava con il Cherubini e la loro figlia.
Per l’omicidio di Maria Pina Sedda Gianfranco Cherubini sta scontando una condanna all’ergastolo.

L’intervista è andata in onda il 21 luglio 2012.

In Statement Analysis partiamo dal presupposto che chi parla sia “innocente de facto” e che parli per essere compreso. Da un “innocente de facto” ci aspettiamo che neghi in modo credibile e che lo faccia spontaneamente.
Ci aspettiamo anche che nel suo linguaggio non siano presenti indicatori caratteristici delle dichiarazioni di coloro che non dicono il vero.

Un “innocente de facto” non ci sorprenderà, negherà in modo credibile già dalle prime battute.

Un “innocente de facto” mostrerà di possedere la protezione del cosiddetto “muro della verità” (wall of truth), un’impenetrabile barriera psicologica che permette ai soggetti che dicono il vero di limitarsi a rispondere con poche parole in quanto gli stessi non hanno necessità di convincere nessuno di niente.

Da Gianfranco Cherubini ci aspettiamo che neghi in modo credibile di aver ucciso sua moglie Maria Pina Sedda e che possegga il cosiddetto “muro della verità”

Una negazione credibile è composta da tre componenti:

il pronome personale “io”;
l’avverbio di negazione “non” e il verbo al passato “ho”, “non ho”;
l’accusa “ucciso tizio”

Una negazione è credibile non solo quando è composta da queste tre componenti ma anche quando è spontanea, ovvero non è pronunciata ripetendo a pappagallo le parole dell’interlocutore.

La frase “io non ho ucciso mia moglie Maria Pina”, seguita dalla frase “ho detto la verità” o “sto dicendo la verità” riferita a “io non ho ucciso mia moglie Maria Pina”, è una negazione credibile. Anche “io non ho ucciso Maria Pina, ho detto la verità, sono innocente” è da considerarsi una negazione credibile.

Franca Leosini: Cherubini, l’ha uccisa lei?

Gianfranco Cherubini: No, io non ho ucciso mia moglie Maria Pina Sedda.

Non è inusuale che a distanza di anni dai fatti un omicida sia capace di negare. Esiste un modo per capire se il Cherubini sta dicendo la verità o sta falsificando. Uno dei principi fondanti della Statement Analysis suona così: “No man can lie twice” ovvero “Nessuno può mentire due volte”, nel senso che nessuno è capace di riferirsi ad una propria bugia dicendo che è la verità.

Sulla base di questo principio, ad un soggetto che nega, se non è stato lui a riferirsi spontaneamente alle proprie parole con “sto dicendo la verità”, chiediamo: “Perché dovrei crederle?” 

Solo un “innocente de facto” è infatti capace di rispondere: “Perché sto dicendo la verità”.

Chi falsifica invece fornisce generalmente risposte del tipo: “Perché non dico bugie”, “Non ti mentirei” etc. 

Poiché la Leosini non ha chiesto al Cherubini “Perché dovrei crederle?” e poiché non è inusuale che un soggetto che ha commesso un omicidio sia capace di negare a distanza dai fatti (nel caso di specie sono passati 10 anni) ci affideremo all’analisi dell’intervista integrale per trarre le conclusioni in merito alla colpevolezza o meno di Gianfranco Cherubini.

Franca Leosini: Lei, Cherubini, quel 23 mattina esce di casa poco prima delle 7 e 30, a confermarlo, al di là di quanto proprio lei ha indicato, sono peraltro i vostri vicini di casa che sostengono di aver sentito, prima di quell’ora, lei e sua moglie discutere animatamente.

Gianfranco Cherubini: Noi non abbiamo litigato la mattina. La mattina presto… eee…. io mi sono alzato presto e ho finito dii… di dare una mano di vernice alle… alle finestre però non abbiamo discusso. Poi io sono andato giù, ho messo a posto le vernici e me ne sono andato a lavorare.

Per la presenza delle parole “la mattina”, l’affermazione del Cherubini “Noi non abbiamo litigato la mattina” lascia spazio alla possibilità che i due coniugi avessero comunque litigato in precedenza.

“Poi” è una lacuna temporale che nasconde informazioni. Non può passare inosservato che il Cherubini nasconda informazioni proprio mentre fa riferimento al luogo nel quale venne ritrovato il cadavere di sua moglie.

Franca Leosini: Fra le 7.50 e le 8.00, lei Cherubini certamente è sul posto di lavoro nella ditta dove lei lavorava, a testimoniarlo è un suo collega con cui lei si intrattiene a quell’ora. Alle 8 e 25, 8 e 30 arriva in ditta il signor P., che è il titolare dell’azienda, trova il cancello aperto ma non vede lei Cherubini nel piazzale dove di solito lei sostava. Perché lei non c’era Cherubini? Dov’era a quell’ora? Dov’era fra le 8 e 25 e le 8 e 30?Perché quella è un’ora X, un’ora pericolosa, è l’ora in cui è avvenuto il delitto.

Partendo dal presupposto che sia un innocente de facto a parlare, ci aspettiamo che il Cherubini risponda a tono alla giornalista e dica dove fosse fra le 8 e 25 e le 8 e 30 del giorno dell’omicidio e lo faccia prendendo possesso delle proprie parole, niente di meglio sarebbe che cominciasse a parlare pronunciando il pronome personale “io” 

Gianfranco Cherubini: Eee…. da una parte del… del piazzale c’era unaaa… Y10 vecchia e stavo sm… smontando dei pezzi (incomprensibile), lui non mi ha visto, io ho visto il P. che è arrivato, non è arrivato con una sua macchina ma l’aveva accompagnato la ragazza che c’aveva una Opel corsa, dunque se io non c’ero al deposito alle… a quell’ora, come faccio a sapere che P. è arrivato con una Opel corsa accompagnato dalla ragazza? E io però, come sento il rumore dell’auto, ho visto che era lui, ho continuato il mio lavoro.

Ci saremmo aspettati che il Cherubini dicesse “io ero nel piazzale” o anche “io ero nel piazzale fra le 8 e 25 e le 8 e 30,”. Ed invece, dopo aver preso tempo per rispondere, il Cherubini si esibisce in una lunga tirata oratoria volta a convincere la giornalista, attraverso almeno due argomenti, che lui fosse nel piazzale in quell’orario.

“Eee…. da una parte del… del piazzale c’era unaaa… Y10 vecchia” suona “storytelling”, non è infatti molto dissimile dall’espressione di introduzione presente in molte fiabe “C’era una volta”.

Si noti che il Cherubini non dice in che orario stesse “smontando dei pezzi”.

Quando il Cherubini dice “se io non c’ero al deposito alle… a quell’ora” è lui ad aprire alla possibilità non essere stato al deposito a quell’ora.  

Si noti “come faccio a sapere che P. è arrivato con una Opel corsa accompagnato dalla ragazza?”, una domanda che il Cherubini inserisce nella sua tirata oratoria ma alla quale non dà una risposta. 

Si noti infine “sento”. E’ inaspettato che il Cherubini parli al presente. In Statement Analysis analizziamo i tempi verbali utilizzati da un soggetto invitato a rievocare un evento accaduto, eventuali dichiarazioni in cui il verbo venga coniugato al presente sono da considerarsi non credibili, chi falsifica infatti usa il verbo al presente perché parla di fatti che non ha vissuto. 

Franca Leosini: I familiari di Maria Pina erano stati avvertiti che Maria Pina non si era presentata al lavoro, che prendeva servizio alle 8 e 30. Le 7.58 è l’orario dell’ultimo sms che la madre e le sorelle ricevono da Maria Pina. Lei Cherubini, quella mattina ha occasione di comunicare con sua moglie?

Gianfranco Cherubini: Eh… la mattina eh… se non sbaglio, gli ho mandato un messaggio quando stavo andando a portare le bombole (incomprensibile).

Il Cherubini mostra di avere difficoltà nel rispondere, la domanda è evidentemente sensitiva.

Franca Leosini: Lei questo messaggio gliel’ha mandato alle 8.58.

Gianfranco Cherubini: Adesso… non mi ricordo. 

Franca Leosini: 8.58, ecco. Maria Pina le ha risposto?

Ci aspettiamo che il Cherubini risponda “No” o “No, non mi ha risposto”.

Gianfranco Cherubini: Non avevo ricevutooo… no… il giorno… però non mi sonooo… preoccupato per nieperché è successo altre volte.

Nella risposta del Cherubini vi sono diversi indici di sensitività:

– Il Cherubini mostra di avere bisogno di prendere tempo per pensare a cosa dire, si notino gli strascichi sull’ultima vocale di “ricevuto” e “sono” e le pause.

– Perché “avevo” invece che “ho”? Perché “ho” è definitivo mentre “avevo” gli permette di divagare.

– Si noti che nel dire “però non mi sonooo… preoccupato per nie…” il Cherubini, per non falsificare, si affida all’autocensura.

– Il fatto che il Cherubini vada oltre la risposta alla domanda prova che è in sorta di stato d’allerta. Il Cherubini invece di attendere una eventuale domanda della giornalista, la previene (pre empt the question) fornendle una ragione per la quale non avrebbe avuto motivo di preoccuparsi (reason why). un classico atteggiamento di chi falsifica.

– Ed infine, per non mentire, dice “è successo altre volte” invece di “era successo altre volte”. Una affermazione non credibile proprio per l’uso del verbo al presente.

Franca Leosini: Cherubini, dopo quell’sms senza risposta che lei ha inviato a sua moglie alle 8 e 58 lei, non l’ha più chiamata, ecco, come ha spiegato che quel giorno, contrariamente a quanto di solito avveniva, lei non l’ha chiamata sua moglie?

Gianfranco Cherubini: Non ho chiamato eee… per il semplice fatto che, mandato il primo messaggio non ricevendo risposta, ho detto evidentemente non… non l’ha ancora letto, dunque è inutile che io possa mandare un altro… un altro messaggio, due messaggi, tanto lei se non ha letto il primo sennò mi avrebbe risposto, basta.

Il Cherubini dice “basta” perché desidera chiudere il topic.

Franca Leosini: Posso dire che non è convincente questa sua risposta? Cioè, sinceramente, insomma se io non ho, diciamo, non ho risposta.

Gianfranco Cherubini: Sì, ma eee…

Il Cherubini resta spiazzato e si mostra incapace di replicare.

Franca Leosini: Ma Cherubini, sua suocera e le sue cognate la chiamano, partecipano anche a lei i motivi della loro ansia, insomma le fanno pressione?

Gianfranco Cherubini: No, a me mi hanno chiamato… tarda mattinata, adesso io di preciso non lo so, in mattinata non mi hanno cercato.

“tarda mattinata” e “mattinata” sono termini relativi. 

Franca Leosini: Loro hanno sostenuto il contrario.

Gianfranco Cherubini: Io non davo peso a quello che mi dicevano loro perché ora non c’è un dialogo (…) dunque a quello che mi dicevano loro “Non è andata in ufficio”, sarà andata da qualche p… cioè nnnn… nessuno pensa mai ad una tragedia… purtroppo.

Con questa risposta il Cherubini ci rivela che la ex suocera e le ex cognate lo avevano chiamato. 

Si noti che il Cherubini, per non mentire, non porta a termine la frase “sarà andata da qualche parte” ma si autocensura sperando che sia la giornalista a riempire il vuoto linguistico.

Si noti anche che, nel finale, il Cherubini è incapace di prendere possesso di ciò che dice, parla infatti per un signor “nessuno” non per se stesso. 

Il Cherubini aggiunge un tardivo “purtroppo”.

Franca Leosini: Perché lei era ritornato a casa Cherubini?

Gianfranco Cherubini: Siccome sono io, a detta dell’accusa, l’omicida, io sarei uscito verso le 7 e mezzo, poi eee… rientrare alle 8 e 30, cioè attirare, col cellulare fare una telefona… un messaggio a mia moglie, farla scendere giù, uccidere mia moglie e poi aspettare alle… dalle 8 e mezza alle 9 e 20, aspettare che arrivi quelli delle pulizie per farmi vedere? E’ questa, se non sbaglio, cioè, dunque io rimango un’ora e mezza giù in cantina dopo che ho ucciso mia moglie, dalle 8 e mezza alle 9 e mezza c’è un’ora e mezza, giusto? Aspettando così anziché andarm… darmela a gambe.

Ci saremmo aspettati che il Cherubini dicesse “Io non sono tornato a casa quella mattina” non che tentasse di convincere la giornalista che la procura ha commesso degli errori nella ricostruzione dei fatti.

In questa tirata oratoria sono presenti ben due ammissioni tra le righe: “sono io l’omicida” e “ho ucciso mia moglie”.

Franca Leosini: E lei sarebbe uscito…

Gianfranco Cherubini: Alle 9 e mezza. 

Franca Leosini: Alle 9 a tutta velocità.

Gianfranco Cherubini: A tutta velocità.

Franca Leosini: In auto, diciamo, e avrebbe sfiorato queste… la signora e la figlia.

Gianfranco Cherubini: Dal garage dal… da dove si esce è impossibile andare a tutta velocità perché se si va a tutta velocità si entra… si entra in una scuola materna dunque è impossibilissimo.

Il Cherubini, invece di negare di essere stato in quell’auto, focalizza sulla velocità, lo fa per tentare di dipingere le testimoni come soggetti inaffidabili, non credibili. 

Franca Leosini: Mentre stavano lavando il pavimento davanti alla vostra abitazione avevano avuto la sensazione che dietro la porta di casa ci fosse una persona che, ansimando, li osservava dallo spioncino (…) C’era lei a spiare dietro quella porta Cherubini?

Gianfranco Cherubini: Ma se a me mi hanno visto uscire alle 9 e 20 con una donna o con un uomo, diciamo con un ibrido a questo punto, uscire sfrecciando, come faccio a stare dietro la porta.

Ancora una volta il Cherubini invece di rispondere con un “No” tenta di convincere la giornalista che non poteva essere lui a spiare le signore intente a pulire le scale.

Dicendo “a me mi hanno visto uscire alle 9 e 20” non fa che confermare il racconto delle 2 testimoni.

Gianfranco Cherubini: Io sarei uscito alle 9 e 20, 9 e mezza, in macchina, poi sarei entrato dentro, secondo l’accusa, a cambiarmi, giusto? Dunque: io alle 8 e mezza commetto l’omicidio, rimango un’ora e mezza, mica vado su a cambiarmi, aspetto giù un’ora e mezza, quando arrivano loro esco, mi faccio vedere, vado… poi vado… esco fuori, risalgo su nell’appartamento, mi cambio, però gli abiti me li sono mangiati mica li ho… per non vedersi perché sennò, se hanno perquisito l’appartamento, avrebbero trovato qualcosa, giusto?

“io alle 8 e mezza commetto l’omicidio” è un’altra ammissione.

Le parole “quando arrivano loro esco, mi faccio vedere” sono la ciliegina sulla torta della manipolazione. 

Franca Leosini: La M. ha raccontato che lei la pedinava, dopo, sapendo di essere stato visto, scoperto da loro (…) si faceva trovare con aria intimidatoria nei pressi di casa loro.

Gianfranco Cherubini: Essendo io il principale indiziato, non sono pedinato dalla polizia o carabinieri? Se io sto pedinando o seguendo la M. non vedono che io sto… io, a mia volta pedinato, non vedono che io sto pedinando una p… testimone?

Invece di negare di avere pedinato la M., il Cherubini si esibisce nell’ennesima tirata oratoria con la quale tenta di convincere la giornalista di ciò che è incapace  di negare.

È lui a definire la signora M. “testimone”.

Franca Leosini: Ma lei l’ha pedinata?

La Leosini, non soddisfatta della risposta, fa una domanda chiusa.

Gianfranco Cherubini: N… e chi la conosce?

Il Cherubini è incapace di rispondere “No”. Prova a negare ma, per non mentire, si autocensura e poi, per non rispondere, replica con una domanda.

Franca Leosini: Lei, Cherubini, ha ucciso Maria Pina perché sua moglie voleva divorziare?

La domanda è sul movente.

Gianfranco Cherubini: No.

Gianfranco Cherubini si era sentito umiliato dalla Sedda?

Franca Leosini: Lei ha ucciso Maria Pina perché non amava più Maria Pina?

Gianfranco Cherubini: Amavo Maria Pina e mia figlia, le uniche cose che amavo e adesso non ho né l’una né l’altra.

Alle seguenti parole di Franca Leosini: “Spero lei sia colpevole Cherubini perché sarebbe terribile se lei fosse innocente e scontasse l’ergastolo” il Cherubini non ha replicato. Il fatto che sia rimasto in silenzio è inaspettato. Da un innocente de facto ci saremmo aspettati infatti che dicesse “E’ terribile. Io sono innocente, non ho ucciso mia moglie Maria Pina, sto dicendo la verità”. 

Franca Leosini: È stata poi individuata l’altra persona con cui, con la cui complicità, per la giustizia, lei ha ucciso sua moglie?

Una domanda che permetterebbe ancora una volta al Cherubini di negare in modo credibile di aver ucciso sua moglie e di essersi servito di un complice.

Gianfranco Cherubini: Che so io, no.

La risposta del Cherubini è ancora una volta inaspettata.

Il Cherubini non solo non ha negato di aver ucciso sua moglie ma non ha neanche negato di essersi fatto supportare da un complice.

CONCLUSIONI

Quando Gianfranco Cherubini ha detto “io non ho ucciso mia moglie Maria Pina Sedda” ha falsificato. 

Gianfranco Cherubini ha ucciso sua moglie Maria Pina Sedda.

Il Cherubini non è vittima di un errore giudiziario. 

P.S. Il 18 gennaio 2005, a San Donato Milanese, la prima moglie di Gianfranco Cherubini, Elena Casula, 42 anni all’epoca dei fatti, infermiera, ha ucciso la propria compagna Maria Tocco, 40 anni, medico, dopo che la stessa aveva allentato i rapporti a causa della dipendenza dall’alcool della Casula. Ai poliziotti giunti sul luogo del delitto, la Casula ha detto: “Ero ubriaca, avevo bevuto 2 o 3 litri di vino. Voleva lasciarmi, voleva chiudere la nostra relazione. Per me, Maria era molto importante, mentre per lei… Stava andando via, dopo che per due ore avevo cercato di farla recedere dal suo proposito di chiudere la nostra relazione.”

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