ANCORA SCIOLTO PER MAFIA IL COMUNE DI SCANZANO
Lettere lucane
Alla fine del 2019 il consiglio comunale di Scanzano Jonico fu sciolto per infiltrazioni mafiose. Un anno e mezzo dopo, analizzato il dossier, il Viminale ha confermato la misura: “Il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’interno Luciana Lamorgese, non essendo ancora esaurita l’azione di recupero e risanamento delle istituzioni locali dai condizionamenti da parte della criminalità organizzata, ha deliberato la proroga, per 6 mesi, dello scioglimento del Consiglio comunale di Scanzano Jonico”. La notizia mi colpisce molto, perché conoscendo Scanzano Jonico – che non è esattamente la Corleone dei primi anni ‘80, ma che evidentemente ha settori di società politica ancora troppo contigui alla criminalità – risulta perlomeno strano che in un anno e mezzo le forze dell’ordine non siano riuscite a “bonificare” il comune jonico. La proroga della misura è un fallimento per lo Stato in tutte le sue articolazioni, perché nonostante siano ampiamente conosciuti i reati e le intimidazioni che da anni tormentano il tessuto produttivo di Scanzano e del Metapontino, è pur sempre vero ciò che ho detto poc’anzi, ovvero che la Scanzano di questi anni non è esattamente la Corleone dei primi anni ‘80. Cosa debbono pensare i cittadini di Scanzano? Che un anno e mezzo di indagini non bastano per ripulire il loro comune? O che la mafia a Scanzano è talmente forte da non consentire allo Stato, dopo un anno e mezzo, di fare il proprio dovere? Quando un comune viene sciolto per mafia è sempre una ferita per l’intera comunità, che vede messi tra parentesi diritti democratici e autonomia amministrativa. Il consiglio che posso dare è di evitare divisioni politiche e vecchi rancori per tentare una riflessione laica e sincera sulle ragioni che hanno portato a scelte così drastiche. Senza cercare facili colpevoli o scorciatoie di comodo per non dirsi fino in fondo le cose come stanno.