CHI SI RICORDA DI GIANCARLO ROSSI DI LAGONEGRO?
Lettere lucane
M’impressiona molto che, digitando su Google “Giancarlo Rossi Lagonegro”, la ricerca non produca alcun risultato. Giancarlo è un pezzo della mia adolescenza, del quale mi piacerebbe sapere di più da chi, come me, ha avuto la fortuna di conoscerlo. Giancarlo era, appunto, di Lagonegro – credo fosse nato nella metà degli anni ’50 – e, oltre a scrivere poesie e canzoni (mi pare abbia anche pubblicato un libro), era anche un militante del P.C.I., tanto che, almeno così ricordo dai suoi racconti, quando era segretario del partito a Lagonegro riuscì addirittura a vincere le elezioni comunali. Poi iniziò a fare uso di eroina, e finì in carcere. Io lo conobbi nel 1992, allorquando a Viggianello venne a presentare, insieme a don Ulisse Frascali, la rivista “Verso l’Utopia”, di cui era caporedattore – era la rivista del “Villaggio del Fanciullo” di Ravenna, dove Giancarlo era rimasto dopo essersi disintossicato. Da quel momento diventammo amici, e iniziai a collaborare alla rivista. Non solo andai alcune volte a Ravenna da lui, ma più volte stemmo insieme a Lagonegro, a Rotonda e anche a Maratea. La cosa che più mi impressionava di Giancarlo è che aveva un’aria distinta, elegante e mite, eppure aveva fatto esperienze devastanti ed estreme – mi raccontò che il giorno dell’arresto, durante l’irruzione in casa, un poliziotto gli aveva fracassato la mascella. Mi voleva molto bene, e leggeva con attenzione tutte le cose che scrivevo. Poi un giorno, a Roma, alla Facoltà di Lettere, l’amica Eva Immediato, che frequentava la mia stessa Facoltà, mi disse che Giancarlo si era suicidato – era il 2001? Rimasi male, senza parole. Giancarlo mi aveva insegnato a scegliere il bene, a credere in me, ad amare l’arte e il libro pensiero. Era bellissimo vederlo cantare, ascoltare le sue storie raccontate a bassa voce e con gli occhi lucidi. Qualcuno se lo ricorda?